Le notizie, ancora frammentarie, descrivono il più duro attacco condotto dagli Shabab, la milizia islamista che controlla la Somalia centro-meridionale, contro le sedi del governo provvisorio: secondo la ricostruzione di Al Jazeera, una violenta esplosione ha colpito uno dei palazzi del governo a Mogadiscio, causando decine di morti, forse 65, e oltre 50 feriti. Numeri probabilmente destinati a salire. Tra i morti, ci sarebbe anche uno dei ministri del governo provvisorio di transizione, l’organismo che con l’appoggio della comunità internazionale sta cercando, da anni e con poco successo, di riprendere il controllo del paese, senza un governo ormai dal 1991.

La Reuters riferisce che secondo testimoni locali, l’esplosione sarebbe stata causata da un camion bomba, lanciato contro l’edificio. L’attacco è stato immediatamente rivendicato da un portavoce degli Shabab, la milizia considerata vicina ad Al-Qaida e ad altre reti jihadiste internazionali. Con una telefonata all’Agence France Presse, il portavoce della milizia ha detto che «uno dei nostri mujaheddin si è sacrificato per uccidere dei responsabili del governo federale di transizione, dei soldati dell’Unione africana e degli informatori che si trovavano all’interno».

L’agenzia di stampa cinese Xinhua, aggiunge che apparente bersaglio dell’attentato sarebbe stato il ministero dell’Educazione, nel centro della capitale somala. Davanti all’edificio c’erano molti studenti, in attesa di sostenere un esame. Secondo il sito di informazione somalo Shabelle News, i morti sono molti di più, almeno 100, e sono soprattutto studenti. La zona è stata isolata dalle truppe del governo somalo e da quelle delle missione internazionale Amisom dell’Unione africana, mentre le ambulanze stanno smistando i feriti, alcune decine, negli ospedali della capitale. Secondo alcune testimonianze, molti dei feriti presentano ustioni gravi, segno che forse oltre all’esplosivo, la bomba era anche caricata con materiale incendiario.

Gli Shabab si erano ritirati da Mogadiscio due mesi fa, ma avevano promesso vendette e attacchi contro il governo di transizione e le truppe dell’Unione africana che lo appoggiano. L’attacco a Mogadiscio, inoltre, avviene mentre è in corso un’offensiva degli Shabab nel distretto di Dhusamareb, nella regione di Galgudud, nella Somalia centrale. Le truppe degli Shabab da alcuni giorni contendono il controllo del distretto alle milizie filo-governative del movimento sufi Ahlu Sunna Waljama, che dal 2008 appoggia il governo di transizione e combatte contro gli Shabab. Negli scontri, ancora in corso, ci sono stati almeno 15 morti e diverse decine di feriti. La cittadina di Dhusamareb sarebbe stata conquistata dai miliziani di Ahlu Sunna Waljama, prima di essere in parte riconquistata dagli Shabab, mentre la popolazione civile rimane chiusa in casa o cerca di allonanarsi come può dalla zona dei combattimenti.

Il tutto mentre il paese vive la peggiore siccità degli ultimi 60 anni e una carestia che si è estesa a sette regioni della parte centro meridionale. Secondo l’Onu, che a fatica sta cercando di distribuire gli aiuti di emergenza, sono oltre 3,5 milioni le persone a rischio di morte per denutrizione. Ieri è stato l’Alto commissario Onu per i rifugiati Antonio Guterres a ripetere, da Ginevra, l’appello alla mobilitazione urgente della comunità internazionale per evitare una catastrofe umanitaria ormai imminente. Lunedì, da Bruxelles, Kristalina Georgieva, Commissaria europea per gli affari umanitari, aveva accusato gli Shabab di impedire la distribuzione degli aiuti. Un’accusa a cui Ali Mohamud Rage, portavoce del movimento islamista ha risposto sostenendo che è l’Onu a esagerare la portata della carestia per creare un pretesto per un nuovo intervento internazionale in Somalia. Con l’attentato di oggi, però, sono stati gli stessi Shabab a fornire una ulteriore forte spinta affinché la Somalia torni in cima alla lista delle priorità internazionali da affrontare, non solo da un punto di vista umanitario, ma innanzi tutto da quello politico.

di Joseph Zarlingo

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