Il ministro Meloni chiede che nella Costituzione venga inserito il patto generazionale, ossia la verifica dell’impatto di tutti i provvedimenti a lungo termine, per non far pesare sui futuri adulti le riforme adottate dagli adulti attuali. Chissà perché ogni volta che i rappresentanti del Pdl propongono una cosa sensata, questa debba sempre passare per la modifica della Costituzione, ossia il modo migliore per gettarla direttamente nel cestino.

Ma non bisogna guardare troppo in là, e neppure atteggiarsi a padri costituenti, per vedere come l’Italia stia diventando un paese pericolosamente iniquo e come i nostri giovani stiano portando sulle proprie spalle tutto il peso dei calcoli elettorali dei nostri vecchi. Ho sempre più la netta sensazione che fra poco assisteremo a un’implosione, e questo perché il governo malconcio non ha nessuna intenzione di adottare oggi le riforme necessarie e urgenti che gli farebbero perdere un bel po’ di voti. A discapito quindi del sistema che erediteremo noi domani, un grosso bubbone formato da un’economia che non cresce, un sistema pensionistico che non regge più e un mercato del lavoro che esclude quasi 4 milioni di precari.

Grazie tante cari papà, che dovreste traghettarci nel futuro e che invece vi state approfittando della nostra distrazione, troppo presi come siamo a barcamenarci per arrivare a fine mese e per arrabattare qui e lì un contratto a progetto, uno stage e un tempo determinato. E grazie a te, caro ministro Meloni, che dal tentativo di elargire milioni di euro a delle fantomatiche “comunità giovanili” (ossia i vecchi amici di Azione giovani) alla difesa della disposizione sui licenziamenti facili prevista nella manovra, ti sei dimostrata molto più la rappresentante della “gioventù” raffigurata da Berlusconi, sempre sorridente e ottimista a favor di camera, che non dei “giovani”, consapevoli ma indifesi.

E allora facciamoci un po’ sentire, e riprendiamoci ciò che è nostro: il diritto di poter lavorare alle stesse condizioni di chi il lavoro ce l’ha da più anni, ossia con salute, maternità e riposo garantiti, insieme a una continuità che ci consenta di fare carriera, se lo meritiamo. No, non siamo dei viziati, e neppure l’Italia peggiore, ma conosciamo le leggi europee molto meglio di chi ci rappresenta: il precariato, ossia il discrimine fra chi ha un lavoro a tempo determinato e chi ce l’ha a tempo indeterminato, è vietato dalla direttiva numero 70 del 1999. E l’Unione europea ha già richiamato il governo Berlusconi per la sua inadempienza, che con l’ultima manovra si sta rivelando un disegno ben definito per tenersi stretto il corpo elettorale di riferimento.

E allora firmiamo tutti la denuncia alla Commissione europea del governo italiano per l’abuso del precariato come forma normale di lavoro: domani sarò insieme a Pietro Ichino e Emma Bonino per presentarla ai media e per consegnarla alla Commissione, proprio mentre la Camera si accinge a votare la manovra che scarica nuovamente il peso della crisi sulle spalle dei lavoratori più deboli.

Firma la petizione e girala a tutti tuoi amici: è l’unico modo che abbiamo per farci sentire e per ottenere veramente il patto generazionale di cui alcuni nostri politici, senza fare niente e anzi remando contro, si riempiono la bocca.

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