”Non possiamo permetterci il primo default della storia americana: la ripresa è ancora fragile e non produce i posti di lavoro di cui abbiamo bisogno”. Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama lancia un allarme sui conti pubblici americani e fa un appello bipartisan: “Dobbiamo lavorare insieme” sul piano di riduzione del deficit e del debito.

Nel consueto discorso del sabato, a poche ore dal nuovo incontro alla Casa Bianca con i leader del Congresso (ore 24 italiane), Obama torna in pressing per un accordo che consenta di evitare il default, ma ammette : “Ritengo che abbiamo bisogno di un approccio bilanciato. Questo significa tagliare sui programmi interni e su quelli della difesa, affrontare le sfide di programmi quali il Medicare (il programma di assicurazione sanitaria per gli ultra 65enni e coloro che rientrano in alcune categorie, ndr) così da rafforzarli e proteggerli per le future generazioni. E significa anche tagliare le spese per gli sgravi fiscali e le deduzioni per i più abbienti”.

“La buona notizia è che su alcune cose grandi siamo d’accordo” ha affermato Obama, sottolineando che i repubblicani e i democratici concordano sulla necessità di mettere i conti pubblici in ordine, e che questo richiederà alcuni sacrifici politici, ma “esistono anche differenze sostanziali tra le due parti”. “Con i conti sistemati il Congresso si troverà in una posizione più forte per concentrarsi sulle misure per creare posti di lavoro. E le aziende non si troveranno più nell’incertezza di un eventuale default degli Stati Uniti e avranno maggiore fiducia per investire e creare posti di lavoro”. “Abbiamo  – ha concluso il Presidente – un’occasione straordinaria e rara per andare avanti e assicurarci che il governo viva a seconda delle sue possibilità, di mettere l’economia su un terreno più stabile e di continuare a investire in quello che è necessario per la prosperità futura”.

Articolo Precedente

Malaysia, la società civile si solleva contro
il governo al grido di “trasparenza e riforme”

next
Articolo Successivo

Ex Birmania, gli interessi delle multinazionali
di Cina e India dietro le repressioni

next