Le affermazioni del ministro Sacconi e di colleghi e colleghe mi lasciano spesso sconcertata. Dal recente piano per l’occupazione femminile Sacconi-Carfagna, secondo cui le donne non madri sono “individui isolati” (???), all’indimenticabile presentazione del piano per l’occupabilità dei giovani da parte del trio Sacconi, Gelmini, Meloni, in cui quest’ultima ricondusse la disoccupazione giovanile al fatto che i giovani italiani sono “inadatti all’umiltà”.

L’ultima uscita riguarda il contratto di apprendistato, di cui il ministro Sacconi sta proponendo una riforma proprio in queste settimane e che, a suo avviso, sarebbe un contratto a tempo indeterminato.

Indeterminato in prospettiva?
So che in questa convinzione Sacconi non è solo. Tuttavia, posto che il contratto di apprendistato può avere durata variabile a seconda della tipologia – ne esistono tre tipi, per l’assolvimento del diritto-dovere all’istruzione, apprendistato professionalizzante e apprendistato di alta formazione, con differenti durate e target di destinatari – e e che questa è comunque compresa tra un minimo di 18 mesi e un massimo di 6 anni, mi sembra piuttosto logico dedurne che si tratti di un contratto a termine. Magari finalizzato all’assunzione. Diciamo che si tratta di un contratto a termine che si converte automaticamente in assunzione a tempo indeterminato, a meno che il datore di lavoro non manifesti un’altra intenzione. Però è difficile sostenere che sia dall’inizio un indeterminato.

Indeterminato percepito
D’altra parte, mi chiedo, chi tra quelli che hanno un contratto di apprendistato si sente come se avesse un indeterminato? E il direttore di banca a cui ci si rivolge per un mutuo, anche lui guarda all’apprendista come ad un dipendente a tempo indeterminato?
La percezione cambia molto se a parlare sono i diretti interessati o altri al posto loro. E’ forse per questo che al ministro Sacconi è riuscito così facile porre la coincidenza tra le due diverse forme contrattuali. Ma la coincidenza non torna. Non solo perché in un caso vengono specificati i termini della durata, ma anche per le differenze nelle retribuzioni (che nell’apprendistato sono pari a una quota percentuale sui minimi stabiliti per i lavoratori qualificati di riferimento) e negli ammortizzatori sociali (niente mobilità, né cassa integrazione ordinaria e straordinaria) cui si ha diritto.

La realtà, se volete
Le nostre classi dirigenti hanno il vizio di manipolare la realtà con le parole: a volte la menzogna schietta, più spesso l’omissione, risponde solo alle domande comode e finge sempre di non sentire quelle che disturbano. Insomma, quelle forme del “se non puoi convincerli, confondili”, che puntano sull’ignoranza o sull’eccesso di fiducia e finiscono solo per disorientare.

Una volta un’amica, alla ricerca del primo impiego dopo la laurea in Filosofia, si propose come segretaria a un avvocato e alla domanda sul tipo di contratto con cui intendevano formalizzare il rapporto di lavoro si sentì rispondere: “sarà un contratto a tempo indeterminato, di circa 2 anni” e lei “ma allora non è a tempo indeterminato”, e l’avvocato “beh, non proprio, però è un tempo molto lungo”.

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