Restiamo umani è la frase con cui Vittorio Arrigoni firmava i suoi articoli per il Manifesto e per il web. E “restiamo umani” è l’unica cosa che mi sento di dire oggi, di fronte al suo barbaro assassinio. Una morte che mi lascia, tra tanti, un rimpianto: non averlo mai conosciuto di persona; ho imparato a conoscerlo leggendo, nel tempo, i suoi scritti e vedendo i suoi video.

Vittorio era un nonviolento, un volontario a tempo pieno, uno di quelli che non pensava al suo futuro perchè troppo preso dal dedicarsi al presente degli “altri”. Aveva dedicato se stesso alla causa palestinese. Ma riuscite a immaginare un italiano del genere? Nell’Italia di questi giorni sarebbe stato profano: Spariamo sui migranti,Mitragliamoli, e lui lì, fianco a fianco con i “barbari”, pronto a fargli da scudo. Lo rivedo ora in questo video, mentre gli sparano addosso in un campo sulla striscia di Gaza. Mentre, assieme ai pescatori su un peschereccio, viene mitragliato con piombo e acqua da una nave della marina israeliana senza apparente motivo.

Sono convinta di una cosa però, o forse la spero soltanto, con tutta me stessa: il sacrificio di Vittorio servirà a far aprire gli occhi agli italiani sulla questione palestinese. Grazie a questo video, ed altri ancora che Vittorio Arrigoni pubblicava sul web, molti per la prima volta vedranno cosa accade in quella terra avvelenata dalla cattiveria e dall’ignoranza umana.

Al Parlamento Europeo ci eravamo occupati di Gaza e della Palestina con la risoluzione di condanna dell’attacco da parte dell’esercito israeliano alla Freedom Flotilla del 31 maggio 2010, che aveva causato la morte di 9 attivisti pro-Gaza. Io avevo sia partecipato alla stesura della risoluzione finale, sia seguito con attenzione la discussione, intervenendo all’interno della riunione preparatoria del gruppo Alde. Avevo pregato i miei colleghi di non fare il “tifo”, di non schierarsi, ma di ragionare e capire. E avevamo portato a casa la risoluzione.

L’omicidio di Vittorio servirà a portare alla luce, tra i “comuni civili”, le gravi responsabilità dello Stato di Israele nei confronti non solo della popolazione palestinese, ma di tutti i volontari delle Ong che ogni giorno rischiano la vita sulla Striscia perchè non si vuole accettare che ogni popolo ha diritto al suo Stato. Israele non ha mai accettato i numerosi inviti della comunità internazionale a mettere fine al blocco di Gaza, ha sempre rifiutato il rispetto per i trattati internazionali, così come ha negato l’adesione al Trattato di Non Proliferazione Nucleare. E certo non mi si potrà accusare di antisemitismo se affermo che i diritti civili nella Striscia di Gaza sono pesantemente e costantemente violati da un blocco che causa una perenne emergenza umanitaria.

Cosa c’entra Israele con la morte di Vittorio? Già, cosa c’entra. Molti parlano del movimento salafita, che nel frattempo smentisce ogni coinvolgimento; alcuni vedono lo zampino dei servizi israeliani, altri di Al Qaeda. Israele ha le sue responsabilità, perchè Vittorio era lì per combattere i soprusi sulla popolazione palestinese e per aiutare un popolo a rialzarsi. Ne sono certa, affermare il diritto di ogni popolo ad avere un proprio Stato non è antisemita, nè sionista. Se anzichè fare il tifo per l’una o per l’altra “squadra”, o peggio ancora finaziare l’una o l’altra, gli Stati esteri avessero affrontato il problema come caso umanitario, forse oggi Vittorio sarebbe un cooperante, un volontario, un corrispondente, un ragazzo vivo.

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