Qui Spagna.

A Madrid si discute sulle prossime mosse del Tribunale costituzionale: applicheranno i 12 giudici costituzionali l’articolo 92 della legge che regola il funzionamento dell’Alta Corte?

Il precetto è stato voluto dal Partido popular di Mariano Rajoy il quale nel 2015, nel pieno della crisi di rapporti con i partiti separatisti, introdusse misure straordinarie idonee a fronteggiare, scoraggiandole, iniziative unilaterali per l’indipendenza. Quanto accade in queste ore nella regione dell’industria e del modernismo. Nelle piazze e nelle sedi istituzionali regionali i sostenitori del distacco da Madrid ripetono incessantemente uno slogan: “Desobedencia!”.

Ma qual è il prezzo di questo atto di forza? L’articolo 92 attribuisce poteri all’Alta Corte. Sono i 12 magistrati a poter imporre sanzioni pecuniarie, da 3 a 30mila euro, alle cariche pubbliche che assumano condotte disobbedienti, fino ad adottare la misura più grave della sospensione della carica in caso di reiterate insubordinazioni.

Non è escluso che per impedire la celebrazione della consultazione dell’1 ottobre, il Tribunale costituzionale invochi la collaborazione di tutti gli enti dello Stato, comprese le autorità locali a stretto contatto con il mondo dell’indipendentismo. Finora i 12 giudici hanno censurato, nelle risoluzioni assunte, le leggi regionali che fissavano le consultazioni referendarie, tuttavia hanno mostrato timidezza nell’applicazione di sanzioni o di misure interdittive, ritenendo l’esecuzione compito proprio del governo o dei pubblici ministeri.

La Procura generale dello Stato non è rimasta a guardare, due giorni fa ha trasmesso l’ordine ai Mossos d’Esquadra, la polizia regionale, e alla Guardia Civil perché impediscano una consultazione dichiarata illegale dall’Alta Corte. Nell’atto firmato da José Manuel Maza, il Procuratore capo, si legge che chi collabora nei preparativi di voto risponderà dei reati di insubordinazione, prevaricazione e malversazione di fondi.

Qui Catalogna.

Quale ruolo avranno i Mossos d’Esquadra? La legge che regola le funzioni del corpo regionale li obbliga a rispettare la Carta Magna. Il margine di manovra è molto ridotto se si considera che il Tribunale costituzionale ha sospeso la consultazione perché in contrasto con i principi fondanti dello Stato. I Mossos sono stretti tra una legge regionale che convoca il referendum e un provvedimento che dichiara quella stessa legge incostituzionale.

A complicare il quadro c’è la posizione del direttore del corpo, Pere Soler, dichiaratamente indipendentista, atteggiamento che mal si concerta con il dettato di legge che impone al corpo di polizia autonoma di rispondere funzionalmente ai giudici e agli inquirenti.

In queste ore si sta materializzando un altro paradosso: i 948 comuni della regione stanno chiedendo alla Generalitat, organo del potere esecutivo, la concessione dei locali pubblici per la consultazione. I piccoli municipi, dove è più radicato il sentimento indipendentista, stanno massicciamente collaborando con il movimento separatista. Oltre 650 comuni hanno aderito al “procés” elettorale. I grandi centri urbani hanno invece voltato le spalle al referendum, non metteranno a disposizione urne in seggi pubblici importanti città come Terrasa (215mila abitanti), Tarragona (131mila), Lleida (138mila), Matarò (125mila), Hospitalet de Llobregat, agglomerato di oltre 250mila abitanti cresciuta alle porte di Barcellona.

Con grande sorpresa, la stessa capitale si è tirata indietro, in una lettera inviata al president Carles Puigdemont il sindaco di Barcellona, Ada Colau, ha affermato che il decreto 140/2017 di convocazione della votazione è oggetto della sospensione del Tribunale costituzionale. Nessuna urna (in locali pubblici), quindi, sarà predisposta per il milione e mezzo di abitanti della città del modernismo.

Si conferma un dato: i centri urbani guardano con sospetto i progetti separatisti, mentre la periferia sogna il distacco da Madrid. Sembra una delle tante analisi post-voto della Brexit, si tratta, invece, di Catalexit.

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