“Noi prima salviamo vite umane anche a costo di perdere voti. E’ una questione di civiltà” diceva Matteo Renzi due anni fa, da presidente del Consiglio. “Non possiamo accogliere tutti indiscriminatamente, ma dobbiamo provare a salvare tutti” insisteva più o meno nelle stesse settimane d’estate, quella di Aylan. “Abbiamo salvato migliaia di vite mentre l’Europa si girava dall’altra parte – ribadiva nel 2016 dopo un incontro con il premier di Malta – Continueremo a farlo, perché prima del patto di stabilità c’è un patto di umanità. Che noi non rinnegheremo mai”. E ancora: “L’Europa deve provvedere insieme al rimpatrio di quanti non ne hanno diritto – ha aggiunto Renzi – Noi dobbiamo provvedere a salvare vite umane ma sappiamo che ci sono dei limiti”. Ma perfino un mese fa, due giorni prima del post tardo-leghista dell’aiutiamoli a casa loro, il segretario del Pd chiariva un’altra volta: “Noi dobbiamo salvare tutti, ma non possiamo accogliere tutti i migranti che arrivano”. Ma ormai sembra tutto spinto nel passato remoto. Ora la linea del Pd sembra cambiata. A parlare è il senatore Stefano Esposito, che è vicino da anni alle posizioni del leader democratico: “Ci sono alcune ong – spiega ad Agorà, su Rai3 – che hanno una posizione ideologica (o ideale dal loro punto di vista) per cui il tema è esclusivamente salvare vite umane, noi non ce lo possiamo permettere”. Una frase che ha fatto scatenare tutta la sinistra, da Pippo Civati a mezza Mdp. La polemica si accende su twitter dove l’account del programma Rai rilancia la frase del senatore con un filo in più di sintesi. Così Esposito sulle prime si difende sostenendo che si tratta della “sintesi di un ragionamento più ampio: lo Stato pone delle regole che le ong devono rispettare per salvare vite umane”. Ma per i partiti a sinistra del Pd non è quello il punto. “Salvare vite umane – dice Arturo Scotto, Mdp – non è un’ideologia, ma un dovere morale. Chi dice il contrario non ha né senso del dovere né tensione morale”.

Esposito ci riprova. Con una nota spiega di essere “accusato di aver detto ad Agorà frasi inaccettabili. Peccato che il tweet pubblicato dall’account ufficiale della trasmissione riprenda, nei limiti dei 140 caratteri, una frase che faceva parte di un mio ragionamento più ampio sviluppato nel corso del dibattito in studio”. Quindi: “Il salvataggio non si discute, ma le Ong che vogliono operare nel Mediterraneo devono rispettare leggi che valgono per tutti. Il resto sono polemiche strumentali utili solo a non inquadrare il tema nella sua portata e complessità. Che mi si accusi di non voler salvare vite umane è aberrante oltre che stupido“. Per Pippo Civati, leader di Possibile, “c’è poco da fraintendere” e pubblica gli 11 secondi dell’intervento incriminato. Sbobinata, la frase di Esposito suona così: “Ci sono alcune ong che hanno una posizione ideologica (o ideale dal loro punto di vista) per cui il tema è esclusivamente salvare vite umane, noi non ce lo possiamo permettere tant’è che il discrimine tra chi ha firmato il codice del ministero dell’Interno e chi non l’ha fatto segnala esattamente questo perché il tema è intervenire oppure far finta di nulla”.

Mentre il segretario di Rifondazione Maurizio Acerbo paragona Esposito a Giorgia Meloni e Maurizio Gasparri, un altro deputato di Articolo 1-Mdp, Michele Piras, replica: “Se il senatore Esposito dichiara ad Agorà che l’Italia non può permettersi di salvare vite umane come fanno le Ong, io penso invece che né l’Italia né il Pd possano permettersi senatori come lui. Parole inaccettabili, in giorni nei quali l’attacco alle ong ha assunto toni indecenti e fascistoidi. Quasi che la colpa grave sia improvvisamente diventato il salvataggio di vite umane, non il traffico di uomini e donne”. Per il capogruppo di Sinistra Italiana alla Camera, Giulio Marcon, le parole di Esposito “dimostrano come la criminalizzazione delle Ong e lo scivolamento verso destra del Pd è cosa fatta: a Esposito ricordo che la vita delle persone non è una questione ideologica ma una questione di umanità. La vita umana è sempre al primo posto”.

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