Daa, undici anni, cambogiana, è morta per un oggetto infilato brutalmente nella sua vagina. E se fosse successo a vostra figlia? Srey, la sua amichetta, è stata invece venduta per 300 dollari, costretta ad avere fino a 20 rapporti al giorno con adulti. La vagina le è stata cucita tre volte per restituirle una falsa verginità e consentire al suo protettore di “rivenderla” vergine per mille dollari. Inferno Cambogia.

Talking to the trees (2012) è un pugno nello stomaco. Un pugno che serve anche a togliere di mezzo certi pregiudizi, perché il pedofilo non è un’entità estratta, è l’orco che si nasconde tra di noi, il nostro vicino di casa che va in vacanza in Cambogia, dove bambini di meno di 10 anni gli offrono sesso orale per cinque dollari e, per soddisfarlo pienamente, gli dicono in un inglese storpiato che, se non sarà contento, non dovrà pagare.

Bambini indifesi, ostaggio di feroci aguzzini, sfruttati in tutti i settori malavitosi, dalla schiavitù al traffico di organi. Questa rabbia verso la razza umana Ilaria Borrelli, regista, sceneggiatrice e anche attrice protagonista, li ha trasferiti nel sul film di denuncia, Talking to the trees. Il titolo allude a una credenza popolare diffusa tra le popolazioni locali secondo la quale gli alberi sono sacri e hanno un’anima, e per questo le persone li abbracciano, li accarezzano e gli rivolgono delle preghiere. In Cambogia una bambina su dieci è venduta al mercato sessuale da poverissime famiglie. Molte di loro non vengono neanche registrate all’anagrafe, sono come fantasmi inghiottiti dal malaffare, per cui i dati sono vergognosamente destinati a salire.

Le cifre di cui parla Ilaria Borrelli sono note, sebbene non abbastanza diffuse: si parla di almeno 40 milioni di ragazzini coinvolti nel mercato del sesso o nel traffico di organi nei paesi stremati dalla miseria e dalle guerre. E c’è un vasto mercato internazionale che vale miliardi di dollari e gira intorno alla prostituzione minorile. Una fetta di mondo dove le guerre hanno lasciato dietro di sé solo rovine, macerie dell’anima dove la povertà annienta la dignità. Bambine costrette al matrimonio a 12 anni e che muoiono di parto a 13 perché il loro corpo non è ancora maturo. Bambini tra i cinque e 16 anni strappati all’infanzia, violentati e venduti, torturati e uccisi se provano a ribellarsi. Nessuno li reclama, né le famiglie né la polizia locale. Un fiume (dis)umano che scorre in una fossa di crudeltà.

“Ho incontrato bambini con occhi profondi, bellissimi e tristi, venduti dai loro padri alcolizzati e violenti”, racconta Ilaria Borrelli. “Bambini che si prostituiscono anche solo perché i loro guadagni servono per dar da mangiare alle loro numerosissime famiglie. Sono le loro storie vere e gli eventi ai quali ho assistito in prima persona ad essermi stati di ispirazione per Talking the trees”. “In Italia esisterebbero pure sanzioni molto pesanti, fino a 10 anni di carcere per turismo sessuale e violenza sui minori”, interviene Fabio Roja, Presidente di sezione del Tribunale di Milano. “Ma c’è poca collaborazione con la polizia locale. Dovrebbero essere gli agenti di quei paesi a denunciarli all’Italia”. “Ognuno di noi ha l’obbligo morale di constatare ciò che veramente succede nel mondo”, aggiunge Milly Moratti, cinque figli, tre nipoti, consigliera comunale e presidentessa dell’associazione ChiAmaMilano, ma soprattutto sempre pronta a dare la sveglia alla giusta causa. “Internet e l’accessibilità a luoghi remoti hanno fatto luce su mostruosità che solo vent’anni fa venivano celate e non ci sono più giustificazioni per guardare dall’altra parte”.

Talking to the trees, realizzato attraverso un crowdfounding, è costato in tutto 50mila dollari. È sostenuto da varie associazioni umanitarie tra cui UnicefCaritasAmnesty International e dall’Ecpat, organizzazione che dal 2006 lavora in Cambogia per proteggere i bambini dal turismo sessuale, attraverso la scolarizzazione, l’educazione sanitaria e l’aiuto economico alle famiglie. Proiettato al Parlamento Europeo di Bruxelles e al Palazzo delle Nazioni Unite come simbolo della giornata mondiale contro lo sfruttamento sessuale minorile, ha vinto il premio “Best Film Awards” a Los Angeles e il “Women’s International film festival” di Miami.

Confido adesso in una massiccia distribuzione italiana. Correte a recuperarlo, proiettatelo nelle scuole. Perché quella vocina innocente della bambina che pur di accaparrarsi il cliente dice “se non ti piace non devi pagarmi” mi suscita un tale disgusto. E pensare, nel nostro sottofondo di coscienza, che tanto ai nostri figli non può succedere è vigliaccheria pura. Perché se ogni parola ha conseguenze, il silenzio ne ha di più.

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