Theresa May spegne gli entusiasmi di Bruxelles, poche ore dopo la firma apposta dai leader dei 27 al documento che fissa i paletti intorno ai quali sviluppare le trattative per la Brexit. La premier britannica infatti respinge alcune delle principali linee guida dell’Unione europea per la trattativa sull’uscita della Gran Bretagna, definendole soltanto posizioni negoziali dei 27. Al Telegraph May ha ribadito le sue priorità: libero mercato senza dazi, fine della giurisdizione delle Corti europee, fine della libera circolazione dei migranti. “Innanzitutto vorrei insistere sul fatto che non abbiamo un accordo sulla Brexit da Bruxelles. Abbiamo le loro linee guida negoziali, abbiamo le nostre linee guida negoziali attraverso la lettera ex articolo 50, e il discorso alla Lancaster House da me pronunciato sull’argomento a gennaio”, ha detto la premier intercettata da un cronista in Scozia.

Priorità che aprono allo scontro con l’Ue. Innanzitutto Bruxelles vuole prima definire i termini del divorzio, idealmente entro ottobre 2018. Poi si potrà pensare ai futuri rapporti. Mentre May non vuole concedere questo “vantaggio” ai 27 e condurre le trattative insieme. L’Ue con divorzio intende sostanzialmente tre cose: diritti dei cittadini europei residenti in Gran Bretagna, gestione dei confini e la cifra che Londra dovrà pagare per andarsene. Se però May chiede la fine della libera circolazione dei migranti, ma un libero mercato senza dazi, da Bruxelles arriva lo stop. I 27 non concederanno la seconda priorità, se la Gran Bretagna non sarà disposta a rinunciare alla prima. Se per i britannici è fondamentale l’accesso di Londra al mercato comunitario, allora devono accettare libertà di circolazione e stabilimento.

È probabile che la Gran Bretagna, pur di riguadagnare il controllo sull’immigrazione, sia disposta ad accettare i dazi. Lo spettro è quello di una rottura e quindi di una “hard Brexit“, in cui i rapporti commerciali con l’Ue sarebbero regolati dal Wto, l’Organizzazione mondiale del commercio, con la conseguente imposizione di tasse sulla circolazione di tutti i beni in tutti i settori. Poi ci sono altri due fronti particolarmente caldi: ovviamente quello del conto da pagare, ma anche la delicata questione del confine tra Irlanda e Irlanda del Nord, che per Bruxelles non potrà assolutamente essere ripristinato.

Su una cosa invece May e i 27 concordano: prima di cominciare davvero i negoziati, bisogna aspettare le elezioni politiche dell’8 giugno nel Regno Unito. “È importante che intorno al tavolo si sieda un forte premier del Regno Unito – ha detto la primo ministro sempre al Telegraph – con un forte mandato popolare, un fatto che rafforzerà la nostra posizione negoziale per garantire che otterremo il migliore accordo possibile”. Secondo i sondaggi, al momento potrebbe essere proprio lei a ricevere questo “mandato”: il Sunday Telegraph dà il suo partito in vantaggio di 11 punti nei confronti del partito Laburista di Jeremy Corbyn. I Tories si attestano al 42%, il Labour al 31%. Il partito del centrosinistra è comunque in crescita rispetto ai sondaggi precedenti, che lo davano attorno al 25 per cento.

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