Non è forse vero che l’attesa della legge elettorale è essa stessa la legge elettorale? Servirebbe più di un camparino di quello spot – che parafrasa un po’ Lessing e un po’ Leopardi – per mandare giù senza soffocare il mappazzone di sistemi che i partiti vendono come al mercato dell’ortofrutta, come se ciascuno brandisse il più bello del mondo. Gli elettori passano in mezzo alle loro bancarelle e l’unica reazione possibile è fregarsene un po’ perché sono cose di una noia mortale e un po’ perché “con la legge elettorale non ci si mangia”. Eppure senza regole serie non funziona neanche il condominio, figurarsi il modo di comporre un Parlamento, cioè il posto in cui si dovrebbero fare le leggi che “fanno mangiare”. I politici sentono l’urgenza civile di mantenere in salute la democrazia tanto che di leggi elettorali di solito ne parlano come parlano del freddo in ascensore: per riempire il tempo. Così, mentre, rossi in viso, si rotolano sul pavimento perché si accapigliano su preferenze doppie e collegi uninominali, la conseguenza è che una settimana dopo, un mese dopo, al massimo un anno dopo succede quello che finalmente tutti vogliono: continuare a parlare.

Al voto! gridavano tutti il 5 dicembre dopo il referendum, al voto! vociavano a fine dicembre dopo che Pd, Lega e Meloni sembravano d’accordo sul Mattarellum, al voto! si sgolavano il 9 gennaio quando alla Camera Pd, M5s e Fi hanno deciso di rinviare a dopo la Consulta, al voto! si dimenavano dopo la decisione della Consulta sull’Italicum, al voto! hanno perso la voce quando alla Camera Pd, Misto e mezzo centrodestra hanno rinviato a dopo le motivazioni della Consulta. Tempo totalizzato: due mesi e 10 giorni (settimana più, settimana meno). Hanno promesso che saranno in Aula il 27 febbraio, ma non ci crede nessuno. Sembrava fatta con la proposta di Franceschini di spostare il premio di maggioranza dalla lista alla coalizione. Ma a dirgli di no è stato il presidente del suo partito, Orfini.

E d’altra parte il Porcellum faceva schifo a tutti ed è rimasto lì finché la Consulta non lo ha fatto a pezzi. Uno a fare una legge nuova in fretta c’era riuscito, a suon di legnate: Matteo Renzi aveva spintonato i senatori contrari fuori dalle commissioni (Corradino Mineo e Vannino Chiti) e aveva ottenuto l’approvazione a colpi di fiducia, fino a frustrare e far dimettere il proprio capogruppo (Roberto Speranza). C’era riuscito a fare una legge nuova, l’Italicum: il problema è che era incostituzionale, anche quella.

Se si deformasse un po’ un vecchio principio, la civiltà di un popolo si dovrebbe giudicare anche dalla durata dei propri sistemi elettorali e dalla capacità di farne di nuove. E la lentezza ha alcune ragioni precise. Tra queste, una: ciascun partito, ciascun gruppuscolo parlamentare, ciascun deputato crede di avere la ricetta salvifica, il sistema elettorale a cui non si può dire di no, la soluzione che Inghilterra, scusa, lascia fare. Alla politica le leggi elettorali piacciono talmente tanto che – mentre a farle non ci pensa nemmeno e quando le fa, le fa male e aspetta che gliele rifacciano i giudici – in commissione Affari costituzionali alla Camera attualmente ne sono state depositate 16. Altre saranno presentate domani, senza che questo voglia dire discusse, naturalmente, perché bisogna aspettare le motivazioni della Corte (guardare ma non toccare). Altre ancora – in un numero che tendono all’infinito – sono quelle proposte ogni giorno dagli innumerevoli comunicati stampa di decine di parlamentari.

Chi lo vuole alla tedesca, chi alla francese, chi alla greca. Il vecchio Mattarellum, il nuovo Legalicum, il Democratellum deciso dal blog, per gli intenditori il Lauricellum e – aiuto! – lo Speranzellum, ma resiste tipo cimitero degli elefanti anche una serie di versioni punk dell’Italicum. Chi vuole applicare la legge uscita dalla Consulta, chi vuole la legge per le Province applicata al Parlamento. Chi vuole il premio alla lista, chi alla coalizione. Chi vuole un proporzionale con una spruzzatina di maggioritario, chi metà e metà e chi un frullato tuttifrutti. Chi voleva il Mattarellum, poi no, poi sì, poi no, poi sì. Chi diceva che le preferenze portano la corruzione e ora si vede che le preferenze la corruzione non la portano più. Chi vuole una legge che assegna i segni al centesimo infinitesimale di voto per assicurare la rappresentanza di tutti ma proprio tutti e quindi far eleggere anche il movimento Idea di Quagliariello in nome della tenuta democratica.

Così sfidando la pazienza di chi legge, ilfatto.it è pronto a illustrare le proposte in campo. Così, per far venire un po’ di paura del voto non solo ai partiti, ma anche agli elettori.

Legge elettorale, dal Mattarellum alle cinquanta sfumature di Italicum: benvenuti al gran bazar per (non) trovare l’intesa

AVANTI
Articolo Precedente

M5s, Di Maio scrive al presidente dell’Odg: “Ecco i giornalisti che ci diffamano”. Pd: “Fa liste di proscrizione”

next
Articolo Successivo

Paolo Cirino Pomicino: “Renzi? Deve mettere il talento al servizio del Paese e non della sua ambizione sfrenata”

next