Lo scorso 20 ottobre Diletta ha compiuto 18 anni. Negli ultimi mesi avevo letto con attenzioni i racconti e le esperienze degli altri genitori. Più che altro leggevo di burocrazia avversa e infame. Poco avevo letto in merito alle emozioni, alla festa, al contorno di presunta normalità che solitamente accompagna questo momento.

Il giorno è arrivato. Lo stesso giorno ho ritirato la mia nomina a amministratore di sostegno. E apertamente scrivo che non sono stata affatto felice quel giorno. E neanche alcuni giorni dopo. Tanti “mostri” che credevo di aver vinto si sono aggrovigliati selvaggiamente nella mente. Ho trascorso ore maledicendo chi alla nascita ha condannato mia figlia. Improvvisamente ho pensato : “18 anni. Epoca di patente, fidanzati, viaggi in compagnia, uscite tra amici”. Ho vissuto momenti di rabbia interiore. Pur non facendo apparire nulla, ho organizzato la festa dei 18 anni di Diletta chiedendo a lei cosa preferisse.

Diletta mi ha chiesto di organizzare una festa in casa perché lei sarebbe stata più comoda e avrebbe potuto sdraiarsi in caso di dolori. Mi ha chiesto una torta sulla quale mettere una bella ragazza in carrozzina con vicino il suo Danny (cane labrador, fratello multipelo delle mie figlie). Ho chiesto a mia figlia chi invitare: ha formato l’elenco inserendo una serie di ragazze che negli anni l’hanno accompagnata a scuola con il servizio dei pulmini. Poi ha citato alcuni compagni scuola, la professoressa di sostegno, la famiglia tutta e pochi altri.

Detto fatto. I primi di ottobre inizio a organizzare. Il giorno del suo compleanno i compagni di classe la festeggiano e lei torna a casa felice. E io mi sento meglio. Accolta a mia volta, ma la vera svolta con conseguente autocritica della sottoscritta arriva il giorno della festa. Arrivano gli invitati, i compagni di classe, gli amici e un ragazzo un po’ più grande di Diletta anche lui disabile.

Magicamente l’amore che la circonda mi fa risorgere. Improvvisamente nel giro di qualche ora rinasco nella gioia dei suoi consapevoli 18 anni. Sua la consapevolezza. Mia l’incapacità di gestire il momento. Vivo quei momenti rincorrendo il recupero delle emozioni giuste e poi però arriva la sera e mi dico, e vi dico: è difficile accettare che un figlio sia così fortemente limitato nella sua autonomia personale. Sono stata bassa e povera di pensieri sensati. Spesso ho teso ad assegnare responsabilità agli altri. A chi ruba il parcheggio, a chi manca nei servizi, a qui fornisce disservizi. E questo rimane. Ma ritengo che a volte ci sia un sottofondo di rabbia da scaricare. E in questo senso ho deluso me stessa. Il mio percorso è indietro rispetto a quanto immaginavo. E lo scrivo con tutta la modestia di cui sono capace, perché forse, questo mio sentire così profondo non è isolato.

Mia figlia Diletta e le sue sorelle sono molto più avanti di me. Ho cercato di insegnare loro i valori in cui credo e me li sono sentiti vacillare sotto i piedi. Poi però è arrivata la gente amica. Quella che dolcemente mi ha schiaffeggiato per farmi fare il balzo in avanti che mi serviva. Grazie.

Quella sera mettendo a letto Diletta, lei mi ha detto: “Mamma, mi avete regalato la festa più bella della mia vita”. Solo in quell’istante ho gioito per i suoi 18 anni. Ringrazio coloro che pur notando la mia difficoltà non hanno detto niente. Ringrazio l’amore solidale vero che ci è stato donato. Ringrazio gli amici di Diletta e di tutta la famiglia perché l’amicizia è quel valore di cui si parla tanto ma che si incontra di rado.

Sono un’attivista che si batte e che combatte. Eppure sono stata azzerata da qualcosa di semplice e naturale. Mi dispiace. Rifletterò su tutto questo e mi impegnerò a proseguire un percorso più consapevole. Essere mamma a volte è difficile, e forse proprio l’amore che provo in quanto madre mi ha aiutata .

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