Nove nuovi medagliati alle Olimpiadi di Rio finiscono nel mirino di Fancy Bears. Gli hacker che hanno bucato il sito della Wada, prelevando le esenzioni terapeutiche e alcuni test antidoping svolti in Brasile, hanno rilasciato la terza parte dei dati sottratti all’Agenzia antidoping mondiale. Non ci sono star mondiali come Simone Biles, le sorelle Williams o i ciclisti Wiggins e Froome, ma i nomi pesano comunque. Perché tra gli nuovi undici atleti finiti venerdì sul banco degli imputati grazie al team di pirati informatici russi, ci sono nove vincitori di medaglie alle ultime Olimpiadi: attualmente o in passato hanno usato lunghe autorizzazioni per la somministrazione a fini medici di sostanze dopanti. Tra questi le plurimedagliate Laura Trott, due ori nel ciclismo su pista, e Mireia Garcia Belmonte, un oro e un bronzo nel nuoto autorizzata in passato per quattro anni a usare il salbutamolo con ogni probabilità perché asmatica.

E se la giovane iberica, prima nei 200 farfalla e terza nei 400 misti, è l’unica spagnola citata, la Trott è in compagnia di ben tre connazionali: Nicole Adams, oro nel pugilato femminile categoria pesi mosca, Siobhan Marie O’Connor, argento nei 200 misti femminili, e Olivia Carregie-Brown, seconda nel canottaggio con l’equipaggio femminile. La Gran Bretagna, dopo Wiggins e Froome, si ritrova così con altre cinque medaglie citate nei leaks e con il Comitato olimpico costretto ad ammettere, giovedì, che durante l’edizione da record per i Paesi di Sua Maestà, ben 52 atleti presenti a Rio, ovvero il 15 per cento della spedizione, hanno utilizzato i certificati per usare a scopo terapeutico sostanze proibite.

Tre sono anche le medaglie australiane coinvolte. C’è l’argento dell’inseguimento a squadra, Jack Bobridge, che dal 2011 ha ottenuto lunghe esenzioni per un ormone steroideo (glucocorticoidi) e per il prednisolone a causa, si legge nei documenti, dell’artrite reumatoide. L’esenzione relativa all’ultimo anno, tra l’altro, non riporta una data d’inizio né il nome del medico che l’ha autorizzata. Oltre a Bobridge, ci sono anche i nomi di Kimberley Brennan, oro nel canottaggio singolo che gode dal 2014 di un’autorizzazione per uso di adrenalina, e Alexander Belogonoff, secondo nel quattro di coppia maschile, anche lui con una certificazione che gli permette di assumere adrenalina ininterrottamente dal 2013 e fino al 2020.

Di tutti questi atleti non si rintracciano sulla piattaforma di Fancy Bears test antidoping positivi durante i Giochi, eccezion fatta per la nona atleta, la nuotatrice Jeannette Ottesen, bronzo nella 4×100 mista. La danese è risultata positiva alla terbutaline, un principio attivo usato contro alcune malattie che ostruiscono le vie respiratorie. Ma dal 2010 la Ottesen ha un’autorizzazione per usare un farmaco che contiene quella sostanza. Il permesso scadrà nel 2018.

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