“E ora che dico a questi ragazzi?”. Chi fa il mio mestiere, il maestro o il professore, il primo giorno di scuola prova l’emozione e l’adrenalina dell’attore che va in scena. E’ una sensazione unica che si ripete ogni volta al suono della prima campanella perché anche il maestro ha paura di sbagliare, di non essere accolto, di non saper conquistare i suoi ragazzi e i genitori.

Che diranno di me quando torneranno a casa? Cosa racconteranno a mamma e papà? Capiranno che sono lì per prenderli per mano e accompagnarli in un nuovo cammino che faremo insieme? Il mio primo giorno di lezione è stato un disastro per me. Bastò un parcheggio sbagliato per far storcere il naso a qualche mamma: arrivato davanti alla scuola, sotto gli occhi curiosi dei genitori, complice l’emozione, finii contro un’altra auto proprio mentre posteggiavo. Un errore umano che tolse al maestro quella caratteristica di infallibilità che si porta dietro. Forse era la prova che quel maestro poteva sbagliare, eccome.

La penna rossa e blu noi insegnanti dovremmo averla sempre pronta per segnare non tanto gli errori dei nostri ragazzi ma i nostri affinché possiamo ricominciare da quelli per fare al meglio il nostro compito. Ai miei studenti dirò solo una cosa, ripeterò il consiglio che Tommaso d’Aquino diede a uno studente che gli chiese in che modo studiare per acquistare il tesoro della scienza: “Non voler entrare subito in mare, ma arrivaci attraverso i ruscelli perché è dalle cose più facili che bisogna raggiungere quelle più difficili”.

Oggi, come tanti altri maestri e professori, sono tornato in classe da solo, senza un regista che mi dirige, senza un tecnico luci che illumina i momenti più importanti, senza uno scenografo pronto ad allestire una nuova aula. Tocca a noi essere tutto ciò ed essere consapevoli che è tutto nuovo, anche la classe che già conosci. Sì, perché nel frattempo in aula è arrivato Mohamed che è fuggito dall’Eritrea con mamma, attraversando quel mare a bordo di uno di quei barconi di cui abbiamo letto tante volte la cronaca in classe. Marco, invece, quest’estate ha perso papà durante un incidente sul lavoro. È cambiata anche Chiara perché i suoi non vivono più insieme e lei ora deve dividersi tra due case. E persino Mauro ha una storia nuova: da quest’anno dovrà dimostrami di essere davvero in gamba, l’hanno chiamato a giocare nella categoria dei ragazzi della sua squadra del cuore e ora dovrà dare il massimo, a scuola e sul campo da calcio perché i sogni non si tengono nel cassetto ma si realizzano con impegno e fatica.

Ora tocca a te maestro! La vera riforma la fai tu ogni giorno quando entri in classe: sei tu che hai il compito di spostare quella cattedra come faceva il maestro Mario Lodi per stare in cerchio con i tuoi ragazzi. Sei tu che puoi scegliere di partire dalle esperienze dei bambini come faceva Maria Montessori o solo dagli sterili contenuti.
Tocca a te prof, non badare ai bonus di merito, ai 500 euro perché tu più di ogni altro sai che l’unico premio è il sorriso dei tuoi ragazzi. Il bonus più bello è quando un bambino, un ragazzo alla fine dell’ora guarda l’orologio e ti dice: “Come è già finita? Con te è troppo bello far lezione”.

Articolo Precedente

Scuola, (un altro) primo giorno: la bellezza del ‘mancorrente’

next
Articolo Successivo

La Buona scuola che non c’è. Dalla preside nel caos della chiamata diretta alla prof che deve rinunciare a insegnare

next