Mediaset ha gonfiato le cifre di Premium. E’ questa, in buona sostanza, l’accusa mossa da Vivendi al gruppo di Cologno Monzese. “L’accordo firmato l’8 aprile è stato oggetto di una due diligence realizzata dalla società Deloitte come previsto dal contratto – spiega una nota del gruppo francese controllato da Vincent Bolloré – Il risultato di questa analisi e degli approfondimenti di Vivendi è che le cifre fornite prima della firma non sono realistiche e riposano su una base artificialmente aumentata”. Di qui la decisione di Bolloré, finanziere noto con lo pseudonimo dell’“industriale che sa contare”, di chiedere la rinegoziazione dei “termini del contratto” firmato con Mediaset. L’idea però non è piaciuta affatto a Cologno Monzese con la famiglia Berlusconi che ha accusato il raider bretone di non rispettare i patti ed è passata alle vie legali aprendo un contenzioso che rischia di costare oltre due miliardi a Vivendi. “Quanto dichiarato” da Vivendi “è destituito da ogni fondamento giuridico e commerciale”, è la replica arrivata in serata dal Biscione.

Lungi dall’essere la pietra miliare per la costruzione di un nuovo polo media europeo, l’affare Vivendi-Mediaset si sta insomma configurando sempre più come uno scontro fra titani della finanza dove i colpi bassi si sprecano. Senza tuttavia mai escludere la possibilità di un accordo che potrebbe arrivare anche dopo il 30 settembre, data ultima, secondo i patti di aprile, per la chiusura della cessione di Premium ai francesi e lo scambio del 3,5% di Vivendi per un’analoga quota di Mediaset.

Che cosa c’è da attendersi dunque a questo punto? Se i Berlusconi sono vecchie volpi negli affari, Bolloré, socio di Vivendi, Telecom e Mediobanca, è noto a Parigi per essere un vero squalo della finanza. E soprattutto per essere assolutamente imprevedibile come testimonia il recente libro Conversations privées avec le président, in cui François Hollande suggerisce di stare alla larga dal raider bretone perché “quelli che non sono stati diffidenti, sono morti. E’ un pirata”, “cattointegralista”. Parole dure che, secondo fonti francesi, hanno creato un certo nervosismo ai piani alti della Tour Bolloré. Non tanto per le opinioni di Hollande e di alcuni compagni di partito che bene ricordano le immagini pubblicate dai tabloid dell’ex presidente Ump, Nicolas Sarkozy, ospite dello yacht di Bolloré all’indomani della maratone elettorale. Ma soprattutto per il fatto che, senza l’avallo del governo, Bolloré non riuscirà mai a convincere Orange ad acquistare una quota di Telecom Italia. Poco importa che, secondo la rivista francese Challenges, ci sia già “accordo segreto fra Vivendi e Orange” su Telecom Italia perché le telecomunicazioni, in Francia come in Italia, sono un business strategico. Per non parlare del fatto che Orange non è un’azienda qualsiasi, ma è l’ex monopolista pubblico francese di cui Parigi è azionista con una partecipazione del 23% (il 13,4% direttamente e il 9,6% via Bpifrance). Quanto basta per una forma di diritto di veto, come ha dimostrato il fallimento delle nozze fra Orange e Bouygues cui il presidente Stéphane Richard aveva lavorato per mesi. “Visto che il governo aveva dettato condizioni inaccettabili a Martin Bouygues (per le nozze con Orange, poi sfumate, ndr), immaginate che possa trattare meglio Vincent Bolloré”? si chiede Challenges.

Senza avallo politico a Parigi, il connubio Orange-Telecom Italia non è altro che un progetto sulla carta, utile però sul tavolo delle trattative italiane. Magari anche in quelle, solo agli inizi, con la famiglia Berlusconi che da tempo ha intuito quanto sia importante combinare il difficile business della produzione di contenuti con quello ben più solido e redditizio delle infrastrutture. La partita è delicata. Ma già un punto d’accordo c’è: bisogna evitare che Vivendi o Mediaset finiscano col consolidare i brutti conti di Premium. Con questo obiettivo nella mente, i francesi sono partiti alla ricerca di un partner che possa acquistare il 20% della pay tv togliendo le castagne dal fuoco ad entrambe le aziende. Una soluzione di transizione prima di arrivare ad un contenzioso che non inizierà prima del 27 febbraio 2017. O magari ad una nuova intesa i cui contenuti potrebbero sorprendere.

Aggiornato dalla redazione web

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