Coup de théâtre per la saga infinita del canone Rai. A meno di 15 giorni dalla scadenza entro cui chi non possiede il televisore deve dichiararlo per evitare di pagare un’imposta non dovuta, arriva addirittura una bocciatura da parte del Consiglio di Stato che per legge doveva dare un parere sull’atto prima della promulgazione. Il decreto del ministero dello Sviluppo che ha introdotto il canone in bolletta da luglio è da riscrivere, perché “non offre una definizione di cosa debba intendersi per apparecchio televisivo“, si legge nella sentenza. In più “non c’è nessun riferimento allo scambio dati tra vari enti coinvolti necessario per l’addebito in bolletta” e il testo “non è di facile comprensione”.

Parole che pesano come un macigno sul provvedimento da cui la tv pubblica conta di ricavare 500 milioni di euro grazie all’azzeramento dell’evasione. Avendo sospeso il proprio parere sul decreto ministeriale, di fatto i giudici amministrativi di secondo grado lo rispediscono al mittente chiedendo modifiche e accusando il ministero di non aver fornito adeguate informazioni agli utenti ed essersi espresso in modo poco chiaro, con un linguaggio troppo complesso e di difficile comprensione per i cittadini. Che che a luglio si ritroveranno in bolletta il canone senza aver capito quanto devono versare se in casa ci sono più televisori e se hanno una tv che riceve i programmi in modo diretto “oppure attraverso il decoder”. Dubbi che il provvedimento, che il ministero ha trasmesso a Consiglio di Stato e Aeeg solo il 17 marzo con più di un mese di ritardo sulla tabella di marcia, avrebbe dovuto chiarire. Invece restano tanti punti interrogativi, per esempio sul fatto che sia tenuto a pagare chi ha uno “smartphone o tablet” che può intercettare il segnale televisivo.

Ed ancora. Il Consiglio di Stato osserva che la riscossione del nuovo canone pone un problema di privacy, vista l’elevata mole di dati che si scambieranno gli “enti coinvolti (Anagrafe tributaria, Autorità per l’energia elettrica, Acquirente unico, ministero dell’Interno, Comuni e società private)”. Il decreto ministeriale non prevede nessuna “disposizione regolamentare” che assicuri il rispetto delle normativa sulla riservatezza.

Quanto all’autocertificazione da inviare all’Agenzia delle Entrate per chiedere l’esenzione del canone nel caso in cui non si abbia la tv a casa, il decreto – secondo i giudici – non prevede una campagna informativa capillare per spiegare le modalità di questa procedura. Tant’è che, visto il poco tempo a disposizione (dal 4 aprile al 30 aprile se si invia per raccomandata o fino al 30 maggio rivolgendosi a un Caf), già nei giorni scorsi il sottosegretario allo Sviluppo Economico, Antonello Giacomelli, aveva annunciato che era agli atti uno slittamento della scadenza.

Infine, il Consiglio di Stato ha sottolineato che il ministero dell’Economia non ha addirittura dato un formale via libera al decreto del ministero dello Sviluppo economico, limitandosi a una “presa d’atto” che, senza “concerto”, rischierebbe di mettere in dubbio la stessa correttezza formale della decisione.

Immediate le repliche delle associazioni dei consumatori. Secondo l’Unione Nazionale Consumatori i giudici di Palazzo Spada hanno “confermato pienamente i tanti dubbi espressi negli ultimi mesi sulla legittimità del canone Rai in bolletta la cui scadenza della prima rata va ora rinviata al mese di ottobre”. Per Adusbef e Federconsumatori “è stata bocciata un’idea balzana partorita da un governo apprendista stregone che vuole continuare a stangare i cittadini per mancanza di un qualsiasi richiamo ad una definizione di cosa debba intendersi per apparecchio televisivo”. Va giù durissimo anche il Codacons secondo cui “l’unica cosa certa in mezzo ai tanti dubbi e alla totale mancanza di informazioni per i cittadini, è che sul canone Rai in bolletta regna il caos più totale. Motivo per cui il governo farebbe bene a rinunciare del tutto al provvedimento”.

Ma Giacomelli, a nome del governo, rispedisce al mittente le accuse sostenendo che “quella del Consiglio di Stato non è affatto una bocciatura, ma un utile suggerimento di integrazioni e chiarimenti peraltro assolutamente nella prassi dei pareri del Consiglio stesso”. “Già in aula alla Camera il 6 aprile scorso avevo annunciato l’intenzione del governo di procedere a una più esplicita e meno tecnica definizione di apparecchio televisivo, a una capillare campagna di comunicazione e a una proroga al 15 maggio dei termini per la comunicazione all’Agenzia delle Entrate delle dichiarazioni di esenzione. Quanto al ‘mancato concerto’ del ministero dell’Economia, si tratta solo della segnalazione che per il Mef ha firmato il capo dell’ufficio legislativo e non il capo di gabinetto. Anche sulla privacy, questione delicata e importante, il testo – conclude Giacomelli – è all’attenzione del Garante”.

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