Un articolo su il Tempo di ieri ha richiamato l’attenzione su un caso di truffa messa in atto da un “disistimato” notaio romano Antonio Manzi. Un notaio a leggere le numerose sospensioni adottate contro di lui dall’ordine notarile e i vari procedimenti giudiziari a suo carico, che è esattamente la negazione della sua professione cioè un pericolo puro, una fregatura quasi certa.

Si da il caso che anche io come molti altri sia stato vittima di questo anti-notaio per il quale si è in attesa che la magistratura a seguito della denuncia avvii al più presto il procedimento giudiziario. La vicenda alla fine è quella classica del ladro di polli, neanche la grande truffa, cioè degli anticipi anche importanti dati quali cauzione per acquistare degli immobili che vengono rubati.
A partire dalla mia esperienza mi sembra interessante riflettere su alcuni aspetti di questo genere di vicende non del tutto infrequenti e che vedono il cittadino alla fine molto poco tutelato.
Per prima cosa leggiamo dall’articolo del Tempo che Antonio Manzi è stato sospeso molte volte dal suo ordine, ma nello stesso tempo è stato regolarmente riabilitato molte volte. L’Ordine quindi anziché radiarlo perché il rapporto fiduciario del suo mandato era venuto meno gli ha rinnovato la fiducia mettendo così a rischio gli interessi inermi dei cittadini.

Non c’è alcun dubbio che se questo sedicente notaio fosse stato radiato per tempo molti cittadini non sarebbero stati truffati. Dall’ultima denuncia alla Magistratura, inviata anche all’ordine, alla sua ultima sospensione avvenuta solo il 29 dicembre 2015, quindi poche settimane fa, sono passati molti mesi nei quali il notaio ha esercitato pienamente le sue funzioni.

La seconda cosa riguarda, quindi, il ruolo e la funzione dell’Ordine che come è noto si basa su un presupposto preciso: garantire l’osservanza dei doveri professionali ma per garantire i diritti dei cittadini. Gli ordini nascono in funzione dei cittadini non dei notai. Se l’ordine in qualche modo viene meno alla sua funzione tradisce il mandato sociale che lo Stato gli ha affidato di garantire l’interesse del cittadino. Nel caso in questione anche se l’ordine ha adottato sospensioni e contro sospensioni quindi dal punto di vista “formale” è stato in una certa misura adempiente, sul piano morale, è corresponsabile di quello che ha fatto il suo iscritto. Qui vale la distinzione kantiana tra legalità e moralità. La sospensione e la contro-sospensione ci dicono che l’ordine ha adottato un principio di legalità, ma nel caso di un notaio disonesto è sul piano pratico immorale per gli effetti che la sua tolleranza ha comunque causato a spese dei cittadini. Un notaio che tradisce la fiducia non può riavere la fiducia non perché non si possa redimere come persona ma perché il suo rapporto fiduciario ha una natura pubblica non privata che non si può tradire neanche una volta.

La terza cosa è la malafede organizzata. Antonio Manzi, si legge nella denuncia presentata a suo carico, è stato raggiunto da vari ufficiali giudiziari che si sono recati a casa sua per togliergli come prevede la legge dei beni compensativi. Ma nessuno ha potuto prendere un solo spillo perché Manzi risulta nullatenente. Ora è difficile credere che un notaio affermato con una lunga carriera alle spalle e che fa parte della alta borghesia romana, sia nullatenente. La cosa più plausibile che la magistratura probabilmente dovrà accertare è che egli abbia adottato sia un principio precauzionale nel caso in cui le sue truffe fossero state scoperte, sia un principio di evasione fiscale per proteggere i suoi illeciti guadagni. Il che pone tre generi di problemi:
– di accertamento fiscale sulle proprietà occulte, basterebbe banalmente uno studio di settore per stabilire il reddito presunto di un notaio romano;
– di esigibilità del maltolto tanto nei confronti del fisco che nei confronti di coloro che sono stati truffati;
– di complicità di coloro anche famigliari che lo hanno assecondato in questa logica di perpetrazione dell’illegalità.

La quarta cosa è collegata alla precedente. Come è noto i notai sono obbligati ad avere una copertura assicurativa per risarcire i loro clienti nel caso di errori, ma nel caso del notaio denunciato non si tratta di errore ma di truffa. Ovviamente è del tutto insensato prevedere una assicurazione contro le truffe, ma non così tanto prevedere un fondo di risarcimento nel caso in cui si ha la disavventura di avere a che fare con la malafede organizzata di un notaio che nel premeditare le sue illegalità si organizza l’impunità proprio nei confronti del risarcimento. Di sporcarsi la “fedina penale” a costoro poco importa. A loro interessa solo l’interesse. Un notaio disonesto non ha onore. I notai hanno molte tutele economiche, fondi di ogni tipo, per garantirsi, un certo reddito, anche nel caso in cui essi operino in territori svantaggiati. Nessun notaio suppongo può dichiararsi “impercipiente”, cioè nullatenente dei redditi che gli derivano dal suo ordine e dalle sue coperture previdenziali. Per cui se è assurdo assicurarsi contro la truffa non è assurdo prevedere la truffa tra le eventualità del reale e tutelare gli interessi dei cittadini dai suoi effetti. Nel caso eclatante del “nullatente” si può adottare la logica dello studio di settore adottata dal fisco in particolare per i liberi professionisti e i lavoratori autonomi.

La speranza è che la Magistratura ponga fine a questa vergogna perché a quanto pare neanche dei notai ci si può più fidare e che gli Ordini siano più intransigenti che tolleranti.

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