Oggi, negli Studi di corso Sempione di Milano della Rai, Carlo Conti ha fatto ascoltare i brani che concorreranno alla sessantaseiesima edizione del Festival della Canzone Italiana di Sanremo alla stampa. C’eravamo anche noi. Tutte e venti le canzoni. E siamo sopravvissuti. Anzi, va detto subito, prima di passare a una rapida carrellata delle canzoni, con un commento stringato, poche parole a canzone, per non rovinarvi la sorpresa, che quest’anno il conduttore toscano ha fatto un ottimo lavoro. Ha messo insieme un cast che, sulla carta, lasciava perplessi, ma una volta ascoltati i brani ci sono delle piacevoli sorprese, e i nomi nei quali avevamo riposto speranze non hanno deluso. Tradotto, ci sono almeno sei, sette canzoni da salvare, il che, per Sanremo, è un miracolo.

Passiamo quindi alle canzoni. Si parte con Patty Pravo e la sua Cieli immensi. Patty è Patty, basta che attacchi a cantare e la riconosci. Anche la canzone basta che cominci e la riconosci, il che non è propriamente un bene. Suon familiare, molto, e a Sanremo vi sveleremo anche perché.

Quando sono lontano di Clementino è una canzone piuttosto imbarazzante. Il rapper usa come intercalare “frà”, nel 2016, e ha un ritornello alla D’Alessio. Aiuto.

Ora o mai più (le cose cambiano) di Dolcenera è una delle migliori canzoni in gara, un bluesone alla 007, con la cantautrice che interpreta con pathos un brano che ha già molto pathos di suo.

Noi siamo infinito di Alessio Bernabei. Se il titolo vi dice qualcosa o siete bimbiminkia o avete figli bimbiminkia. È a loro che si rivolge la canzone, figlia del passaggio sanremese dell’anno scorso di Nek. Pop da ballare.

Un giorno mi dirai degli Stadio è una canzone da stadio. Se l’avesse cantata Vasco, con quell’hook incredibile, da ottantamila in coro, sarebbe una hit assoluta. Così è una canzone bella, molto, con un ottimo arrangiamento.

Annalisa è un mistero. Ha una voce incredibile, che in Il diluvio universale si sente, e anche bene. Ma la canzone non arriva. Almeno al primo ascolto, cioè laddove dovrebbe funzionare al Festival. Però lei è brava.

Neffa gioca a fare Celentano. E lo fa anche benino. Solo che non è Celentano. E Sogni e nostalgia arriva in ritardo di circa quarant’anni sul calendario. Lui, Neffa, è versatile, pure troppo.

Valerio Scanu ha vinto Sanremo con la canzone di tutti i luoghi e tutti i laghi. Quando parte questa ballata tutti se la ricordano e ridono, in sala stampa. La canzone sarebbe anche un pezzone sanremese, ma lui non interpreta, e tutti i luoghi e tutti i laghi sono lì.

Noemi ha provato a fare la sperimentale. Quella che va a Londra e cerca suoni internazionali. Poi trova una canzone classica di Marco Masini e finalmente convince. La borsa di una donna è una bella canzone e lei la canta bene.

Gli Zero Assoluto e Di me e di te. Che dire? Vi ricordate Bloodhound Gang e la loro The bad touch. Ecco, il ritmo è quello, solo senza un minimo di malizia e provocazione. Però il ritmo c’è.

Via da qui di Giovanni Caccamo e Deborah Iurato, scrive Giuliano Sangiorgi. Sulla carta la Morte Nera. Invece il brano, a Sanremo, funzionerà. Una bella ballata d’amore. Poi ce la dimenticheremo, fortunatamente.

I Dear Jack sono presenti anche sotto forma di band, oltreché di Alessio Bernabei. Con una canzone che, a differenza della precedente, è esattamente come ce la immaginavamo. E non era un bell’immaginare.

Tornano i Bluvertigo, con Semplicemente. Una canzone che è puro Bluvertigo Style. Diciamola così, se la volessimo cantare sotto la doccia dovremmo fare una sorta di orgia, con almeno cinque persone, ognuna a ricordarsi un pezzo della canzone più complicata del Festival, o quasi.

Infinite volte di Fragola ha vinto il Festival 2016. Non che sia la canzone migliore. Anzi. Ma ha vinto. Aiuto. Cinque gli autori del testo, che sfornano frasi come “Sento come se hai paura”. Vince lo stesso, però, perché negli sms la grammatica non conta.

Irene Fornaciari si presenta con una canzone che ha lo stesso titolo di un album del padre, Blu. Parla di migranti, cita anche il piccolo corpo trovato sulle coste turche. Lei ha una voce bella, molto, ma la canzone non c’è. Spiace.

Enrico Ruggeri si prende gioco di noi. Presenta un brano che si intitola Il primo amore non si scorda mai, ed è un rock in levare che cita i Police e infila un omaggio agli Stranglers nel finale. Mitico.

Francesca Michielin porta una canzone che si intitola Nessun grado di separazione. Poi ci siamo svegliati.

Rocco Hunt presenta un funkettone che riporta in vita il sound della Napoli Centrale. Testo impegnato e grande groove. Una delle migliori canzoni in gara, da non stare fermi sulla sedia.

Arisa ha la voce più bella, con Annalisa, del Festival. Ha una canzone scrita dal suo autore di sempre, Anastasi, ed è un bel sentire, con un ritornello in crescendo e una malinconia che ci avvolge. Brava, davvero.

Ecco, Elio e le storie Tese sono quello che ti aspetti. Puro genio. Canzone fatta di sette ritornelli. Senza strofe. Ogni ritornello che parte del finale del precedente, come in un domino. Frank Zappa sarebbe fiero di loro. Noi anche. Geniali.

Detto questo, sono usciti anche gli elenchi delle cover, che verranno eseguiti nel giovedì sera (alcuni da soli, altri in compagnia, come Patty Pravo con Fred De Palma o Neffa coi Bluebeaters). Ecco l’elenco. Patty Pravo fa se stessa, Tutt’al più. Clementino prova con il De Andrè napoletano di Don Raffaè. Dolcenera omaggi la Nada di Amore disperato, mentre Alessio Bernabei affronta A mano a mano di Riccardo Cocciante. Gli Stadio giocano in casa, facendo La sera dei miracoli  del loro Lucio Dalla. Sorprende Annalisa, insolitamente rock con America di Gianna Nannini. Neffa porta sul palco Carosone, facendo ‘O Sarracino, mentre Valerio Scanu propone il Battisti di Io vivrò (Senza te). Gioca sul sicuro, e sul banale, Noemi, con Dedicato di Loredana Bertè. Mentre gli Zero Assoluto sono grandi nel proporre la sigla di Goldrake. Sorprendono anche Giovanni Caccamo e Deborah Iurato con Amore senza fine di Pino Daniele e i Dear Jack con Un bacio a mezzanotte del Quartetto Cetra. Morgan ama i classici, quindi i Bluvertigo vanno di Modugno, con La lontananza. Fragola porta La donna cannone di Francesco De Gregori, e abbiamo molta paura. Irene Fornaciari omaggia Morandi con Se perdo anche te, mentre Ruggeri passa allegramente dal punk inglese agli Alunni del Sole e la loro ‘A canzuncella. Di nuovo Battisti anche per la Michielin, con Il mio canto libero, chissà se torna a vivere. Rocco Hunt propone a sua volta Carosone, con Tu vuò fa l’americano. Chiudono Arisa, con una canzone bella e difficile come Cuore di Rita Pavone e gli Elii, con la quinta di Beethoven in salsa dance, alla Febbre del sabato sera, il tutto tradotto in italiano: Quinto Ripensamento. Si chiude la conferenza con la notizia di due altri superospiti, Elisa e Elton John. Non facciamo commenti. Ci si vede a Sanremo.

Ps. Vince Fragola. Secondo Elio. Terzo Bernabei. Scommetteteci sopra

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