Il Gran premio di Formula 1 di Monza è salvo. Gli automobilisti un po’ meno. Nessuno li ha interpellati, ma dovranno pagare lo stesso, coinvolti forzosamente nel dovere patrio di tenere alto il buon nome della tradizione motoristica italiana. Dovranno sborsare 19 milioni di dollari per ammansire sir Bernie Ecclestone, il padrone del grande circo mondiale dei bolidi. Il quale era stato perentorio: “O mi date quel che chiedo, o potete scordarvi il Gran Premio”. Messa di fronte allo stesso aut aut la Germania ha detto di no. In Italia siamo evidentemente più nazionalisti e comprensivi. Tanto qualcuno che paga si trova sempre.

In questo caso i predestinati sono gli automobilisti che sborseranno il dovuto tramite l’Aci, Automobile club, presieduto da Angelo Sticchi Damiani. Il quale dichiara a ilfattoquotidiano.it: “Abbiamo scongiurato il pericolo di perdere il Gran Premio d’Italia a Monza a partire dal 2017. Aci farà fronte alle richieste economiche del Fom, Formula One Management Limited, senza gravare sul bilancio dello Stato”. Che è vero, perché pagherà una parte dei contribuenti, anche se molto numerosa: gli automobilisti, appunto, che almeno per statuto dovrebbero stare molto a cuore all’Automobile club stesso. Aci in questo modo coglie i classici due piccioni con una fava: non solo si presenta come il salvatore in extremis della patria motoristica, ma con una manovra assolutamente ben congegnata salva anche se stesso da fine quasi sicura.

Dicendo sì alle pretese di Ecclestone, l’Aci riesce per il rotto della cuffia a strappare il Pra (Pubblico registro automobilistico) dalla soppressione che lo stesso governo aveva già in parte decretato. E, scongiurando la fine del Pra, l’Automobile club evita di ridursi a un guscio vuoto. Per un motivo semplice quanto decisivo: l’Aci si regge sul Pra, cioè sui 27 euro a pratica versati da ogni automobilista al momento dell’acquisto della macchina, circa 200 milioni di euro l’anno. Essendo riusciti a legare le sorti del Gran premio di Monza all’intervento risolutivo dell’Aci, il Pra deve necessariamente vivere. E non un anno o due appena, in attesa che il governo compia la riforma già intrapresa e che prevederebbe, appunto, il superamento del Pra medesimo, ma almeno quattro, più probabilmente sette. E’ su questo orizzonte temporale che il presidente Sticchi Damiani sta trattando con Ecclestone: entro gennaio la firma del contratto.

A questo punto può mettersi il cuore in pace Marianna Madia, la ministra della Pubblica amministrazione e della semplificazione. Sostenuta dal collega dei Trasporti Graziano Delrio, e cercando di interpretare al meglio il suo incarico, la ministra aveva deciso che per semplificare la vita degli automobilisti e anche per far risparmiare un bel po’ di soldi allo Stato andava superato il Pra accorpandolo alla Motorizzazione civile (Ministero dei Trasporti). Aveva fatto approvare una legge delega che il governo avrebbe dovuto tradurre in una riforma entro giugno 2016 e che a questo punto è assai probabile si perda nelle nebbie. Agli automobilisti sarebbe stato risparmiato il fastidio di una costosa pratica considerata un doppione, allo Stato sarebbe stato assicurato un risparmio di una sessantina di milioni di euro l’anno, così come aveva calcolato a suo tempo Carlo Cottarelli, il manager incaricato di studiare la spending review, la grande revisione della spesa pubblica che però alla fine è rimasta nel cassetto.

All’interno del governo ha vinto la corrente filo Aci, capitanata dall’empolese Luca Lotti, simpatizzante di vecchia data dell’Automobile club, anche per via familiare avendo sposato Cristina, la figlia di Mario Mordini di Fiorenzuola, dirigente storico dell’Ac fiorentino ora in pensione. Il salvataggio dell’Aci attraverso il Gran Premio di Monza è stata una manovra condotta in varie tappe. La prima, quella decisiva, fu domenica 6 settembre, il giorno del Gran Premio monzese di Formula 1. Tra i box e i meccanici dell’autodromo lombardo si tenne un incontro al vertice, con i giornalisti tenuti a distanza di sicurezza: Renzi con occhiali scuri, Ecclestone con la criniera argentea scarmigliata e il presidente Aci Sticchi Damiani assistente come un notaio.

Non molto tempo dopo fu presentato al Senato un emendamento alla legge di Stabilità che per la prima volta legava le sorti del Gran Premio all’intervento dell’Aci. Forse per pudore, quel testo diceva che l’Aci sarebbe intervenuto “a valere sulle risorse proprie non rivenienti dalla sua attività di concessionario del Pubblico registro automobilistico, ma derivanti dalla propria attività di organizzatore di eventi sportivi”. Senonché questa attività sportiva dell’Aci più che soldi produce debiti e quindi da essa non si sarebbero potuti spremere i quattrini che sir Ecclestone vuole. Un bel guaio, ben presto rimediato alla Camera con un emendamento all’emendamento, poi approvato in via definitiva. In quel testo si chiarisce che l’Aci “è autorizzata a sostenere la spesa per costi di organizzazione e gestione del Gran Premio d’Italia per il periodo di vigenza del rapporto di concessione con il soggetto titolare dei diritti (Ecclestone ndr)… a valere sulle risorse complessivamente iscritte nel proprio bilancio”. Cioè le risorse garantite all’Aci dal Pra. Che così con una capriola diventa salvatore e salvato.

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