“Non sono sereno, e in caso di disordini la risposta sarà repressiva per tutti i comportamenti lesivi dell’ordine pubblico e della sicurezza, tutto questo poi inevitabilmente andrà a restringere gli spazi di dialogo e confronto”, così il prefetto di Roma Franco Gabrielli, con un linguaggio che sembra mutuato dai monologhi di Gian Maria Volonté nel film Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, presenta il derby tra Roma e Lazio che si giocherà domenica alle 15 allo Stadio Olimpico. Parole che vengono confermate poco dopo da Francesco Paolo Tronca, ex prefetto di Milano e neo commissario di Roma Capitale, che dopo essersi detto d’accordo aggiunge: “Gabrielli è un collega di assoluto valore con cui ho lavorato spesso insieme affrontando momenti difficili. Devo dire che c’è stata sempre un’intesa meravigliosa, assoluta, perfetta, quindi io sono soltanto contento di poter riprendere a lavorare con un vero amico”. Gli ultimi dettagli della militarizzazione dello area intorno allo stadio saranno decisi insieme alla Questura in serata, ma già si parla di almeno mille agenti in stazionamento da sabato pomeriggio, numero destinato ad aumentare con l’avvicinarsi del fischio d’inizio.

Eppure non c’è alcuna minaccia dell’Isis in vista, solo una partita di pallone. Una partita oltretutto che, a parte gli scontri nel celebre derby del bambino morto del 2004 su cui Valerio Marchi scrisse un libro in cui sottolineava le responsabilità delle forze dell’ordine, è da anni abbastanza tranquilla, nonostante gli allarmi lanciati a ripetizione. Più in generale, intorno allo Stadio Olimpico, nel nuovo millennio sono accaduti solo due episodi: nel 2007 le violenze esplose dopo l’uccisione a sangue freddo di Gabriele Sandri da parte di un poliziotto, e nel 2014 quelle tra tifoserie di Napoli e Fiorentina nella finale di Coppa Italia, dove un gruppo di ultras romanisti neofascisti ne approfittò per uccidere Ciro Esposito. Da dove deriva quindi la preoccupazione delle autorità, che arrivano a minacciare una durissima repressione? Lo spiega lo stesso prefetto Gabrielli quando ricorda come i problemi nascano dalla sua decisione di dividere in due le curve Nord e Sud dello stadio: il casus belli che ha esacerbato i rapporti, a Roma mai tranquilli c’è da dire, tra tifosi e forze dell’ordine.

Succede infatti che dalla nomina di Gabrielli a prefetto la scorsa primavera le misure di sicurezza allo stadio aumentano in maniera esponenziale, con crescente disagio degli spettatori – non solo dei famigerati ultras – costretti da lunghi prefiltraggi e perquisizioni a entrare a partita già iniziata. La situazione peggiora in estate con la decisione prefettizia, cui le società di Roma e Lazio non si oppongono, di dividere le curve con una barriera. Nelle prime partite le barriere non sono ancora completate, e per la prima volta dopo decenni si vede la celere entrare in curva. Le tifoserie cominciano a protestare, arrivano le prime multe per chi non è al proprio posto (in ossequio al dl 24 febbraio 2003, n 28, finora usato pochissimo) e da settembre la decisione è quella di non entrare più allo stadio. Chiunque abbia visto, anche solo alla tv, una partita casalinga di Lazio e Roma, si sarà accorto degli immensi vuoti. Chi le ha viste allo stadio ha avvertito un assordante silenzio. Non si capisce quindi da dove nascano le preoccupazioni delle autorità. L’unica protesta la fanno i tifosi della Roma il 20 settembre, riunendosi in massa fuori dallo Stadio Olimpico prima della partita con il Sassuolo. Sono solo fumogeni ma piovono denunce, multe e Daspo.

Il Tribunale di Roma rigetta però questi provvedimenti scrivendo: “Il nutrito gruppo di tifosi romanisti si è limitato a non accedere all’interno dello stadio ed a stazionare nelle aree esterne per tutta la durata dell’incontro allo scopo di esprimere simbolicamente la propria posizione critica verso – e qui si fa importante – un pacchetto di misure preventive che, comportando a creazione di barriere all’interno dello spazio da sempre, unitariamente e tradizionalmente, condiviso dalle frange più appassionate dei sostenitori capitolini, è avvertito, non soltanto dai cosiddetti ultras ma anche da consistenti settori della società civile, come pesantemente discriminatorio e immotivatamente punitivo, specie nei confronti degli spettatori che si sono premuniti, affrontando la relativa spesa, dell’abbonamento annuale per assistere alle partite casalinghe dalle postazione destinate ad essere materialmente soppresse all’esito della realizzazione delle strutture divisorie”. Dalle voci che filtrano negli ambienti degli ultras romanisti e laziali, domenica le curve rimarranno vuote, e non ci sarà nessuna protesta fuori dallo stadio. L’unica preoccupazione condivisibile, quindi, è solo che domenica la partita di cartello tra Roma e Lazio si giocherà in un irreale silenzio e davanti a pochissimi spettatori, per colpa di un provvedimento prefettizio che lo stesso tribunale ha definito “discriminatorio e immotivatamente punitivo”.

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