È un rifiuto che lascia poco spazio ai fraintendimenti, quello di General Motors in risposta alle avances di Sergio Marchionne. Prima l’amministratore delegato Mary Barra, secondo quanto riportato dal New York Times, ha negato l’incontro chiesto dall’ad di FCA per discutere dei benefici di una possibile fusione fra i due gruppi. E ora che la storia è salita agli onori della cronaca anche il presidente del gruppo GM, Dan Ammann, ribadisce il concetto, precisando che durante la sua visita a Torino per i 10 anni del Centro GM Powertrain non ha in programma incontri con Marchionne o John Elkann.

“Andremo avanti con le intese mirate come abbiamo fatto in questi anni con le collaborazioni con Ford, Peugeot e Honda”, ha detto il presidente di GM ai giornalisti riuniti a Torino, spiegando che il gruppo riesce già da due anni a mantenere un ritorno sugli investimenti del 20%. La vicenda sollevata dal New York Times sembra essere la classica tempesta in un bicchier d’acqua, che si conclude con un nulla di fatto. Nell’articolo pubblicato il 23 maggio, il giornale americano riportava il racconto di due anonime “persone informate dei fatti”, secondo cui a metà marzo l’amministratore delegato di General Motors Mary Barra avrebbe ricevuto una lunga email da Sergio Marchionne in cui il numero uno di FCA sosteneva la necessità per i costruttori automobilistici di accorparsi e suggeriva che una fusione fra GM e Fiat Chrysler avrebbe permesso di risparmiare miliardi di dollari e avrebbe creato una superpotenza automobilistica. Secondo il giornale americano, Mary Barra non era interessata a questa analisi, né lo erano gli altri membri del board, dunque hanno semplicemente risposto “no grazie”.

Interpellato dal giornalista del New York Times, Marchionne si è rifiutato di commentare, ma “si è dimostrato visibilmente irritato dall’affermazione che affrontare l’argomento della fusione potesse dare adito all’ipotesi che FCA fosse in vendita”: “Se avessi voluto vendere avrei chiamato un banchiere”, ha detto Marchionne al NYT, “non avrei fatto un’analisi sul ritorno degli investimenti a proposito del fatto che siamo tutti sulla stessa barca”.

Ora, se lo scambio epistolare appare un po’ romanzato – davvero i manager automobilistici propongono così gli accordi economici? – è però risaputo che Marchionne sia alla ricerca di un partner industriale. A fine aprile, lo stesso manager ha approfittato di una conferenza con gli analisti per lanciare un appello ai costruttori automobilistici affinché uniscano le forze, illustrando una sorta di pamphlet intitolato “Confessioni di un malato di capitale”. Secondo Marchionne, le case automobilistiche bruciano inutilmente miliardi di dollari per sviluppare parallelamente componenti simili, come motori, tecnologie di sicurezza e sistemi per risparmiare carburante. Questo “spreco immorale”, come l’ha definito lui stesso, è un argomento che ultimamente sta molto a cuore a Marchionne, il quale sembra però più interessato a smuovere le acque e a “stanare” i colleghi – che finora non gli hanno mai dato corda, almeno pubblicamente – piuttosto che a condurre più classiche (e forse fruttuose) trattative private.

Nell’immagine, da sinistra, Sergio Marchionne (ad FCA), Mary Barra (ad GM) e Dan Ammann (presidente GM)

 

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