Cultura

National Gallery, Frederick Wiseman “racconta” i quadri come se fossero storie

L'85enne maestro del documentario contemporaneo per “entrare” nel dialogo pittura-cinema ha deciso di “stare il più possibile dentro alla cornice del quadro per poter raccontare al meglio la storia del dipinto attraverso lo strumento cinematografico"

di Anna Maria Pasetti

“L’Italia vorrebbe abolire l’insegnamento obbligatorio della storia dell’arte a scuola? Ma è sconvolgente, non ci posso credere. Proprio in Italia, gioiello dell’arte.…”. Frederick Wiseman, 85 anni, genio conclamato del documentario contemporaneo, non poteva né voleva credere alle sue orecchie. Ha sgranato i suoi occhi a metà gennaio, agli Incontri sul cinema francese di Parigi, quando lo abbiamo incontrato per una chiacchierata sul suo nuovo lavoro, National Gallery, di imminente uscita anche da noi (11 marzo) grazie ad I Wonder Pictures.

Oggi la notizia pare sgonfiata giacché a suo tempo smentita, anzi, la riforma della scuola prevede un generico – a detta del Governo “più storia dell’arte nelle secondarie”, ma va da sé che il Malpaese continua a fare le sue egregie figuracce presso le menti eccelse della cultura. E Wiseman è una di queste, a maggior ragione autorevole a indignarsi della (vera o falsa) news di cui sopra visto che in buona parte della sua vita/carriera si è dedicato (anche) a far dialogare le arti tra loro attraverso la “piattaforma” del documentario cinematografico.

L’incontro parigino non è stato casuale: il film dedicato alla massima pinacoteca britannica è coprodotto in parte maggioritaria dalla Francia ed è dai transalpini considerato un “proprio film”, con la prima mondiale avutasi lo scorso maggio a Cannes. Ed anche questo non è un caso: il cineasta nato a Boston nel 1930 ha scelto Parigi quale sua seconda residenza dopo la città natale: “la Francia è il cinema, per me”. Insignito del Leone d’oro alla carriera all’ultima Mostra veneziana e recentemente in tour promozionale per l’uscita del film anche a Bologna presso la Cineteca, Frederick Wiseman emana integrità intellettuale anche da una stretta di mano. Ciò che realizza da anni corrisponde alla sua vita, non solo alla sua Weltanschauung dell’esistenza. Nei suoi film – sempre lunghissimi – a prevalere è la permanenza d’esperienza in situ, tradotta poi in montaggi che organizzano narrazioni profondamente personali. Anche laddove la narrazione appare scolpita in Opere d’arte figurativa dal racconto prevalentemente lineare come in molte di quelle contenute nella National Gallery, “la cui collezione finisce alla fine del 19° secolo” spiega Wiseman.

Per “entrare” dunque nel dialogo pittura-cinema, il regista ha deciso di “stare il più possibile dentro alla cornice del quadro per poter raccontare al meglio la storia del dipinto attraverso lo strumento cinematografico; il mio obiettivo fondamentale quando faccio cinema è rispondere sempre alla stessa domanda: come raccontare una storia. Dunque, le grandi opere della National Gallery contengono storie che il cinema può accostare usando al meglio lenti diverse, suddividendo addirittura i quadri in diverse inquadrature, creando un proprio montaggio della storia”.

Nel suo film, Wiseman riesce ad attivare un triplice sguardo che lui stesso sintetizza così: “i visitatori del museo guardano le persone rappresentate nei quadri, le persone rappresentate nei quadri a loro volta guardano i visitatori del museo ed io, con le mie lenti, osservo il loro dialogo di sguardi”. E forse c’è anche un quarto livello perché in National Gallery Wiseman osserva anche i visitatori ciechi che – a modo loro attraverso la traduzione dei quadri in linguaggio Braille – godono della visione di questi capolavori. “Certo le nuove tecnologie hanno portato a livelli impensati ed impensabili il modo di concepire e comunicare l’Arte ma attenzione: puoi avere tutti gli strumenti che vuoi ma ciò che vale è cosa sai fare, come sai raccontare, che universo sai creare ed esplorare”.

E, tornando sulla questione insegnamento dell’Arte nelle scuole, il discorso si amplia. “Insegnare l’eredità culturale di un Paese è fondamentale, direi radicale perché insegna a capire il mondo. Ciò che si racconta sull’Italia, accade da tempo negli Stati Uniti, le cui scuole sono notoriamente nelle mani dei “ragionieri” dello Stato o dei privati. Vi si promuove solo ciò che interessa al committente ed è sempre la stessa storia: la cattiva politica – che non chiamerei politica – ha tutto l’interesse a tendere il popolo nell’ignoranza. L’economia controlla tutto, è una banalità che sto dicendo ma è la triste verità”. Cosa vorrebbe girare oggi Frederick Wiseman? “Mi piacerebbe da impazzire entrare in Vaticano e girarci un documentario: il luogo più assoluto del Potere nell’umanità Occidentale”.

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