Sull’Ilva pesa una zavorra da 3 miliardi di euro. A tanto ammontano i debiti del siderurgico secondo la sentenza dei giudici del Tribunale fallimentare di Milano, che hanno dichiarato lo stato di insolvenza della società nell’ambito della procedura di amministrazione straordinaria a cui il siderurgico è stato ammesso su richiesta del commissario Piero Gnudi affiancato da Corrado Carruba e Enrico Laghi e hanno fissato per il 29 giugno l’udienza nella quale verrà esaminato lo stato passivo della società. Nel dettaglio, sommando l’esposizione verso le banche, i fornitori e l’Inps risulta che Ilva spa “presenta un indebitamento complessivo pari a 2.913.282.282.000 euro”. Non solo: nella sentenza si legge che “nonostante le articolate misure messe a disposizione del Commissario da interventi legislativi speciali (…) non sussistono né mezzi propri né affidamenti da parte di terzi che consentano di soddisfare regolarmente e con mezzi normali le obbligazioni e di far fronte, contestualmente, all’attuazione degli interventi previsti dal Piano ambientale.

Tutto da vedere, dunque, come i commissari riusciranno a gestire la situazione, visto che per ora possono contare su risorse molto incerte: come evidenziato dai tecnici del Senato e dal procuratore aggiunto di Milano Francesco Greco, i fondi sequestrati alla famiglia Riva – la cui posizione potrebbe aggravarsi in seguito alla sentenza di oggi, che di fatto sancisce il crac del siderurgico – sono per la maggior parte bloccati in Svizzera e la loro effettiva disponibilità dipende dall’esito di un procedimento penale ancora in corso. Venerdì il presidente della commissione Industria Massimo Mucchetti, insieme al gruppo Pd, ha depositato un emendamento ad hoc al decreto salva Ilva varato dal governo il 24 dicembre che punta a rendere eseguibile da parte di Ubs il trasferimento all’Ilva di quei soldi, dando all’amministrazione straordinaria la possibilità di emettere obbligazioni a garanzia dei fondi sequestrati come richiesto dai giudici di Zurigo. L’emendamento prevede anche che, in caso di avanzo, i fondi – vincolati per legge all’attuazione del piano ambientale – debbano essere impiegati per finanziare investimenti per la sicurezza del lavoro e per la bonifica dell’ambiente. Ammesso che sia sufficiente per assicurare ai commissari gli 1,2 miliardi previsti, restano ancora da chiarire i contorni della “società veicolo” con cui l’esecutivo intende prendere in affitto gli impianti del gruppo e risanarlo con la prospettiva di cedere prima o poi la maggioranza a un socio privato.

Intanto è scontro nelle commissioni Industria e Ambiente di Palazzo Madama, che devono dare il via libera al decreto in vista della conversione in legge. Le opposizioni hanno infatti presentato emendamenti che modificano il discusso articolo in base al quale il piano di risanamento previsto dall’Aia (autorizzazione integrata ambientale) “si intende attuato se entro il 31 luglio 2015 sono realizzate, almeno nella misura dell’80 per cento, le prescrizioni in scadenza a quella data”. Una proposta di modifica a prima firma Gianni Girotto (M5s) punta a inserire nel testo che rimane “l’obbligo di attuazione di tutte le prescrizioni” del Piano ambientale. Nella stessa direzione va un altro emendamento del MoVimento 5 Stelle che mira a sostituire il limite dell’80% con quello del 100%. I grillini hanno presentato anche un altro emendamento che stabilisce che, qualora il limite rimanesse, nell’80% debbano essere comunque ricomprese le prescrizioni “urgenti e necessarie a tutela della salute pubblica della popolazione e dei lavoratori”.

Sel chiede invece che all’interno dell’80% siano comunque compresi le opere di copertura dei parchi minerari, il completamento della chiusura dei nastri trasportatori e i lavori di adeguamento degli impianti nelle aree agglomerato, altiforni, acciaierie e cockerie. Al contrario, un emendamento a prima firma Camilla Fabbri (Pd) lascia immutata la percentuale ma specifica che va calcolata sul “numero delle prescrizioni in scadenza a quella data” (al momento invece l’indicazione è generica). Un altro punto in discussione è l’inserimento nel decreto di un termine ultimo entro il quale l’Aia dovrà essere interamente completata. Un emendamento Sel lo fissa al 31 luglio 2016, un altro firmato M5s al 31 dicembre 2016.

 

 

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