L’ultima notizia è che i prezzi delle auto Lada, il marchio russo più popolare, saliranno del 9%. “Avevamo sperato che la situazione dell’economia russa sarebbe stata recuperata abbastanza rapidamente, ma purtroppo questo non è avvenuto”, ha spiegato il presidente della casa di produzione Avtovaz, Bo Andersson, per spiegare il ritocco all’insù del listino. Che segue quelli già annunciati dalla maggior parte delle altre case automobilistiche in seguito al crollo del rublo. E’ per questo che il Cremlino, alle prese con un’inflazione galoppante che riduce di giorno in giorno il potere di acquisto dei consumatori, ha chiesto alla magistratura di monitorare i prezzi di benzina, cibo e farmaci per evitare speculazioni e di intervenire se il pagamento degli stipendi o dei sussidi viene rimandato. “Data la difficile situazione economica – ha detto il capo dell’amministrazione presidenziale russa, Serghiei Ivanov alla magistratura – dovete aiutare a controllare i prezzi di carburante, prodotti alimentari e medicinali e reagire immediatamente alle violazioni nei posti di lavoro, ai rinvii e ad altre irregolarità nel pagamento degli stipendi e dei sussidi“. Nel 2014 i prezzi in Russia sono saliti dell’11,4%, e quelli degli alimentari addirittura del 15%. E il rublo ha perso più del 40% del suo valore nei confronti del dollaro in seguito alle sanzioni occidentali per la crisi ucraina e alla caduta del prezzo del petrolio. Che non accenna a fermarsi. Anzi, lunedì il barile ha accentuato le perdite scendendo ai nuovi minimi dal 2009. Il Brent è ridisceso a ridosso dei 48 dollari al barile, mentre il Wti viaggia a quota 46,25 dollari, in calo di oltre il 4% rispetto ai livelli di venerdì scorso.

Pesa la decisione di Goldman Sachs di tagliare le proprie stime: la banca d’affari statunitense vede il Brent, quest’anno, intorno a 50,40 dollari al barile dagli 83,75 indicati in precedenza, mentre il Wti è stimato a 47,15 dollari. Secondo Goldman Sachs i prezzi dovranno rimanere bassi a lungo, in area 40 dollari al barile nel primo semestre dell’anno, per frenare gli investimenti che sostengono la produzione di shale oil statunitense. Goldman non si aspetta che l’Arabia Saudita o altri membri principali dell’Opec taglieranno la produzione, come richiesto da Mosca. Visione confermata dal principe saudita Al Waleed bin Talal, che in un’intervista a Usa Today ha detto: “Il petrolio non costerà mai più 100 dollari a barile”, perché “quello è un prezzo artificiale, non è corretto”. Rispedita al mittente, invece, le accuse di boicottaggio nei confronti della Russia: “L’obiettivo (di quelle voci, ndr) è solo metterci in cattiva luce con Mosca”.

Sarà, ma nel frattempo Mosca, che deriva dall’export di petrolio la maggior parte degli introiti in valuta estera e i cui piani economici si basavano su prezzi intorno agli 80 dollari al barile, annaspa. Venerdì l’agenzia Fitch ha tagliato il rating della Russia da ‘BBB’ a ‘BBB-‘ e prevede ora una contrazione dell’economia del 4% nel 2015. Nel corso del 2014, ha fatto sapere la Banca centrale, il Paese ha speso più di 82 miliardi di dollari (76,13 miliardi di dollari e 5,41 miliardi di euro) per cercare di tenere a galla la propria moneta. E nel solo mese di dicembre sono stati spesi 11,9 miliardi. Per comprare un dollaro servono ora 62,5 rubli.

Articolo Precedente

Saipem, crollo del petrolio e addio a South Stream affossano ancora il titolo

next
Articolo Successivo

Ilva, Gnudi: “Sul mercato tra 2-3 anni. Ma difficile che uno straniero la prenda”

next