Nei giorni in cui a Bologna si torna a parlare della strage del 2 agosto 1980 e la cosiddetta pista palestinese, un dibattito attraversa la città e il web. Tre luminarie, in stile apparentemente natalizio, sono state infatti montate nei giorni scorsi sul ponte Matteotti, quello che attraversa proprio i binari della Stazione dove oltre 34 anni fa la bomba fece 85 morti e 200 feriti. Il punto è che le tre luminarie rappresentano il triangolo, l’occhio e il circolo dei raggi, e richiamano, se visti assieme, simboli utilizzati dalla loggia massonica deviata P2. Un’immagine che ha lasciato interdetti tanti passanti, in una delle arterie stradali più importanti del centro. Il motivo dell’opera è tuttavia spiegato sul sito del Comune di Bologna che ha commissionato le luminarie all’artista Luva Vitone: “Il triangolo, l’occhio e il circolo di raggi sono forme semplici e potenti che valgono singolarmente e si combinano in modi diversi. Da due punti precisi – si legge sul sito del Comune di Bologna – però la visione è speciale: in via Matteotti 6 e in via Indipendenza, all’altezza della fermata degli autobus davanti all’Autostazione, le tre forme, viste in prospettiva, combaciano l’una con l’altra, formando il simbolo massonico adottato dalla Loggia P2, il cui progetto eversivo è tragicamente legato all’attentato che ha provocato la strage del 2 agosto 1980 nella sala d’attesa della stazione di Bologna”.

Al processo per la strage oltre a Francesca Mambro e Valerio Fioravanti fu infatti condannato in via definitiva per calunnia anche Licio Gelli, gran maestro e fondatore della P2, accusato di avere tentato di depistare le indagini sulla strage. Insieme a lui, tra gli altri, fu condannato per il depistaggio anche un altro aderente alla loggia deviata, Pietro Musumeci, ai tempi appartenente al Sismi, il servizio segreto militare.

Eppure non tutti hanno colto il messaggio artistico legato a quei fatti storici. Quando la gente passando nella zona si è accorta di quelle strane luminarie accese dal 13 dicembre (e che dovrebbero stare su fino al 31 gennaio) e le immagini hanno iniziato a fare il giro del web, la polemica si è scatenata. In molti hanno visto infatti nell’opera una esaltazione della P2. “Quando a ottobre mi spiegarono cosa avevano in mente – spiega a ilfattoquotidiano.it il presidente dell’associazione tra le vittime della strage alla stazione, Paolo Bolognesi – io ero rimasto un po’ perplesso. Avevo raccomandato fin dall’inizio che occorreva una spiegazione su che cosa si voleva mostrare con quelle luminarie. C’è anche chi delle vicende del 2 agosto e del coinvolgimento di uomini della P2 non sa niente e allora può equivocare”. Poi Bolognesi però chiarisce: “Certo, al di là di ciò che poteva essere fatto meglio, probabilmente opere artistiche del genere possono provocare, fare in modo che si parli della cosa e si vada a fondo sui mandanti di quella strage, proprio mentre la magistratura si occupa della cosiddetta pista palestinese”. L’Associazione si è sempre dimostrata scettica sulla teoria che dietro alla strage ci sia il terrorismo palestinese, mentre proprio sulla scia delle condanne definitive per il depistaggio ha chiesto che si risalga ai mandanti nell’ambito della strategia della tensione dispiegata in Italia tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Ottanta. “Quell’opera serve a scatenare una riflessione, non a fare propaganda”, si è difeso l’assessore alla cultura del Comune di Bologna, Alberto Ronchi intervistato dal quotidiano il Resto del Carlino. Intanto misteriosamente martedì 16 dicembre l’opera è rimasta spenta.

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