La sede del Quirinale è immune alla presenza degli imputati, anche quando a testimoniare sul Colle più alto di Roma è il presidente della Repubblica. È per questo motivo che il prossimo 28 ottobre Giorgio Napolitano testimonierà nel processo sulla Trattativa tra pezzi dello Istituzioni e Cosa Nostra, alla sola presenza dei legali e dei pm: assenti saranno Totò Riina, Leoluca Bagarella e Nicola Mancino, gli unici imputati del processo che avevano fatto richiesta di presenziare all’udienza. Rigettata anche l’istanza presentata dall’Associazione tra Familiari della strage di via dei Georgofili, tra le parti civili ammessi al dibattimento.

Dalla difesa dell’ex vice di Napolitano al Csm è subito arrivata eccezione di nullità per l’intero processo: l’avvocato Nicoletta Piergentili si è appellata all’articolo 178 del codice di procedura penale, che al terzo comma prescrive l’intervento, l’assistenza e la rappresentanza dell’imputato e delle altre parti private. In caso contrario incombe la nullità processuale. Il presidente della corte d’Assise di Palermo, Alfredo Montalto, nell’ammettere la testimonianza di Napolitano aveva fatto cenno all’articolo 205 del codice di procedura penale, che fissa il luogo della deposizione nella sede in cui il presidente esercita le funzioni di capo dello Stato. Non esistendo però norme che disciplinino le esatte modalità della deposizione del presidente della Repubblica, il giudice aveva applicato per analogia l’articolo 502, quello previsto per la testimonianza di chi è impossibilitato a comparire personalmente in aula: quella norma prevede che se uno degli imputati faccia richiesta di assistere all’udienza, tale richiesta dovrà essere accolta dalla corte. Così non è stato, perché Montalto ha riconosciuto una sorta di immunità alla sede del Quirinale. Una profilo di immunità che per la corte è garantito dalla stessa Costituzione e che impedisce l’accesso delle forze dell’ordine al Quirinale, “con la conseguenza – ha detto Montalto leggendo la sua ordinanza – che non sarebbe possibile né coordinare l’accompagnamento di un detenuto con la scorta, né assicurare l’ordine come avviene durante le udienze nelle aule a ciò preposte”.

In pratica al Colle potranno entrare solo accusa e difesa, e nemmeno un uomo di scorta ai magistrati. La video conferenza per i boss invece è esclusa perché prevista solo per le deposizioni in aula. “Ad ulteriore conferma dell’esclusione degli imputati – ha continuato Montalto – deve considerarsi il fatto che, per gli imputati per i quali è già esclusa la presenza fisica in udienza anche nelle aule di giustizia ordinaria, quali Riina e Bagarella, la previsione rende ancora più evidentemente incompatibile la presenza degli stessi nella sede del Quirinale. Nè in assenza di norme specifiche, potrebbe farsi ricorso alla partecipazione a distanza, poiché questa è prevista solo per le attività svolte nelle aule d’udienza”.

Anche le difese dei boss però annunciano battaglia contro la decisione della corte. “Non sono d’accordo con il giudice Montalto: ci sarà modo di rivedere questa decisione in altre sedi. Io chiederò certamente l’annullamento del processo: qui è stato negato il diritto di difesa” annuncia Luca Cianferoni, legale di Riina, al sito affaritaliani.it. E mentre Antonio Ingroia, ex pm e coordinatore dell’indagine sulla Trattativa, propone al capo dello Stato di “andare a Palermo a rendere la sua testimonianza”, per salvare il processo dal rischio nullità, dalla procura siciliana arrivano al momento solo stizziti no comment. “Le scelte dei giudici vanno sempre rispettate” si limita a dire Leonardo Agueci, che guida ad interim la procura ancora senza un capo dopo l’addio di Francesco Messineo. “Una dichiarazione a caldo è controproducente, preferisco studiarmi prima l’ordinanza del giudice” dice invece l’aggiunto Vittorio Teresi, coordinatore del pool che indaga sulla Trattativa. Due giorni fa la procura aveva dato parere favorevole all’ammissione della presenza di Riina e Bagarella, argomentando che in caso contrario si sarebbe potuta verificare l’ipotesi di nullità processuale. Una spada di Damocle quella della nullità che adesso incombe seriamente sul processo più delicato degli ultimi anni. 

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