La quattordicesima fumata nera per la Consulta causata dalla pervicace ostinazione dell’asse Renzi-Verdini ad imporre un impresentabile come Donato Bruno ed un eterno evergreen molto gradito a B. & co. per la conversione al fervore “garantista” come Luciano Violante non è solo l’ennesima dimostrazione di “stallo istituzionale”. E’ la prova provata di quanto il cosiddetto ‘nuovo corso’ renziano non sia che la prosecuzione dei peggiori tatticismi della politica politicante con il risultato di paralizzare un’elezione che si trascina dallo scorso giugno e di screditare ulteriormente la già incrinata autorevolezza della funzione parlamentare.

Il rinvio in extremis dell’ennesima votazione tentato dai partiti che sostengono compatti il ticket Bruno-Violante, almeno sulla carta, non è andato a buon fine e PD e FI si sono trincerati dietro la foglia di fico della scheda bianca, senza ritirare le due candidature che ufficialmente rimangono ‘blindate’.

Il candidato Donato Bruno, oltre ad essere ‘amico’ di Previti e già presidente della Commissione di inchiesta per i fatti del G8 a Genova conclusa con la sconcertante sentenza che ‘non c’era stata nessuna violazione di diritti tutelati costituzionalmente’, alla vigilia della quattordicesima votazione ha dato un’ ulteriore prova di “garantismo personale” rifiutando di fare qualsiasi passo indietro benché indagato ad Isernia nell’inchiesta sul fallimento di Ittierre.    

Il reato ipotizzato “interesse privato del curatore fallimentare” a carico di un giudice che la Costituzione pone a suprema garanzia della rispondenza di leggi ordinarie ai principi costituzionali è qualcosa che farebbe sobbalzare qualsiasi elettore istituzionale in qualsiasi democrazia compiuta. E come ha spiegato con la consueta competenza Giovanni Bianconi dalle pagine del Corriere la possibilità di fare chiarezza in modo formale sullo stato di indagato di Bruno reclamata da una parte dei parlamentari esiste: una richiesta dell’interessato alla Procura.

Ma l’interessato molto “prudente” oltre che “garantista pro domo sua”, se ne guarda bene e oltre ad escludere “ogni tipo di condotta illecita” ribadisce di non avere ricevuto alcun avviso di garanzia e concede come unica apertura di “non avere alcuna remora a prendere le opportune decisioni” qualora ci fosse “un provvedimento di rinvio a giudizio”.

Ovviamente tutta questa indegna farsa con il rischio che, se la quindicesima votazione rinviata alla prossima settimana andasse a “buon fine”,  ci potremmo ritrovare nell’era nuova delle renziane “magnifiche sorti e progressive”, un giudice costituzionale rinviato a giudizio per “interesse privato” non è che il corollario delle “vere intese” quelle che legano indissolubilmente il Pd di Renzi a Silvio Berlusconi.

Quale sarebbe infatti il problema a scaricare anche ai tempi supplementari il ticket Bruno-Violante se dietro non ci fosse la tenuta del patto del Nazareno con l’Italicum e gli annessi e connessi più o meno esplicitati?

Senza “osare” due candidati fuori dall’ organigramma partitocratico, come ha proposto il M5S facendo il nome di un giurista “indipendente” e certamente non in odore di eresia come Michele Ainis, ma limitarsi a due presentabili, non sarebbe l’estrema via d’uscita per arginare i guasti di questa pessima pagina istituzionale e almeno per ridurre il danno?

Ed il “garante della Costituzione” se fosse tale non dovrebbe spendere tutte le sue energie di presidente-bis e la sua moral suasion in tal senso invece che prendersela con chi non ci sta e stigmatizzare l’ indisponibilità a votare degli impresentabili come prese di posizione settarie e particolaristiche?

 

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