Quando i rapporti si logorano, anche la gestione dei dossier più semplici diventa complicata. E a palazzo Chigi sono ormai settimane che il dissapore strisciante tra Renzi e il suo vice ed (ex) braccio destro, Graziano Delrio, tiene banco e non solo nelle conversazioni di corridoio. Quella che è in atto e che sta creando problemi non secondari di gestione dell’intera macchina amministrativa e decisionale del governo, è di fatto una sfida tra due diverse (e per certi versi opposte) visioni del potere che i due personaggi esprimono. Il premier più attento all’effetto annuncio e alla velocità dell’agire, l’altro più riflessivo e – soprattutto – ossessionato dalla questione dei conti e della loro quadratura, questione che lo trova sempre più vicino ai rilievi che solleva la prima (e vera) nemica dell’azione renziana di governo, la Ragioneria dello Stato. Due caratteri inconciliabili, se non fosse che Renzi ha sempre parlato di Delrio come del suo uomo più vicino. Ora, invece, c’è silenzio. Con l’ex sindaco di Reggio Emilia che non solo è sparito da tempo dai radar mediatici, ma avrebbe già più volte minacciato di andarsene, frenato da un Renzi deciso a risolvere in altro modo la questione, sempre per non intaccare l’immagine del governo e, soprattutto, la sua personale.

Difficile dire quando i rapporti tra i due hanno cominciato a logorarsi, ma sono in molti a far risalire la questione alla nomina di Antonella Manzione, ex capo dei Vigili Urbani di Firenze, a capo del dipartimento Affari Giuridici di Palazzo Chigi, in pratica il luogo dove vengono vistati tutti i decreti in partenza per il Consiglio dei Ministri e dunque destinati all’approvazione. Manzione sarebbe invisa a Mauro Bonaretti, per otto anni braccio destro di Delrio come direttore generale del comune di Reggio Emilia e oggi segretario generale di palazzo Chigi. Manzione e Bonaretti dovrebbero collaborare in modo stretto per far andare avanti il sistema e l’azione di governo. La prima, per dire, è quella che alla fine vista anche tutti i provvedimenti che i ministeri propongono; il secondo è il filtro di tutte le decisioni più importanti e stabilisce l’agenda delle priorità. La Manzione non avrebbe mai digerito le critiche feroci di Bonaretti sulla sua inadeguatezza rispetto al ruolo che Renzi le voleva assegnare e che ora lei, in qualche modo, stia cercando di far capire che l’inadeguato è invece proprio lui.

Schermaglie tra i due “gregari” che hanno finito per coinvolgere i loro dante causa. Mettendoli uno contro l’altro. Bonaretti, va detto, era già stato capo della segreteria di Enrico Letta, non certo un elemento di merito per Renzi, ma il premier si fidò della scelta di Delrio. Certo, non immaginava la levata di scudi che lo stesso Bonaretti avrebbe posto contro la fedelissima Manzione. 

Raccontano che l’ultimo scontro tra Renzi e Delrio sull’argomento sia avvenuto giusto due giorni prima della chiusura estiva, quando c’era il voto sul decreto Madia (Pubblica Amministrazione) in Aula al Senato e il contenuto del decreto Lotti sull’Editoria, bocciato dalla Ragioneria e dal ministero dell’Economia, era stato riassorbito in un emendamento al testo del provvedimento. Quel testo, vidimato dagli uffici della Manzione per l’Aula, ha incontrato le perplessità di Bonaretti. Lo scontro è stato a tre, Luca Lotti (sottosegretario all’Editoria) con Renzi contro Delrio. Un match alla fine del quale l’ex sindaco di Reggio avrebbe minacciato ancora una volta di andarsene.

Una tensione, insomma, che dovrebbe trovare una soluzione. La prima, immaginata da Renzi in veste di segretario del Pd, sarebbe stata quella di dare a Delrio la poltrona che fu di Errani alla Regione Emilia Romagna, ma l’uomo ha detto un secco no, facendo crollare il castello costruito al Nazareno sulle prossime elezioni emiliane e costringendo Renzi a pensare ad una nuova exit strategy. Che potrebbe arrivare dalla possibile nomina di Federica Mogherini a Mrs Pesc, ovvero ministro degli esteri europeo. Liberando la poltrona più alta della Farnesina, per il premier si aprirebbe, a novembre, la finestra per l’atteso rimpasto (anche dal Quirinale), con Delrio a quel punto catapultato su una poltrona di livello, ma lontana dalle stanze dei bottoni più caldi. Qualcuno ha sibilato una possibile candidatura a nuovo ministro della Salute, visto che la Lorenzin, con le ultime scivolate sulla fecondazione eterologa, non godrebbe più della fiducia neppure di Alfano. Il cattolicissimo Delrio, invece, sarebbe l’uomo giusto al posto giusto. 

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