A pochi chilometri dalla linea rossa che traccia il futuro percorso del Trc, il Trasporto rapido costiero, un metrò su gomma da quasi 100 milioni di euro per collegare la stazione di Rimini a quella di Riccione, la spiaggia è piena di turisti. Ma oltre gli stabilimenti balneari e gli alberghi, che cercano di recuperare una stagione partita all’insegna del maltempo, c’è un’altra Riccione, che quest’estate, invece di guardare il mare, terrà gli occhi fissi sul cantiere della Tav Romagnola. Un’opera lunga 10 chilometri al prezzo di 10 milioni di euro al chilometro, che erigerà una barriera che dividerà a metà una città: Riccione a monte, e Riccione a mare. In mezzo, “il muro”, come lo definiscono i cittadini della Perla Verde (come viene chiamata Riccione), cioè la strada preferenziale sopraelevata – dai 3 ai 6 metri, adiacente alla ferrovia – sulla quale il metrò costiero dovrà transitare. “Un autobus con conducente, nemmeno elettrificato”, precisa Lucia Baleani del comitato No Trc. Ma non solo. L’opera è pensata per migliorare il trasporto di viaggiatori e turisti in Romagna e offrire un servizio in più al territorio. Così la lotta è tra amminisitratori che difendono l’idea parlando di “lungimiranza” e chi invece ha deciso di opporsi fino in fondo.

Video di Giulia Zaccariello

“A Riccione – racconta Baleani – stanno costruendo un muro di Berlino”. Il progetto del Trc in realtà è datato 1995, quando al governo del Comune e della Provincia c’era il Pds, oggi Partito Democratico, e in origine la linea doveva unire tutto il litorale, da Ravenna a Cattolica. Negli anni, tuttavia, il percorso si è ridotto, mentre i costi sono lievitati. “Per la sopravvivenza del metrò di costa, una volta che sarà in funzione, nel 2017, serviranno dai 3,7 ai 5 milioni di passeggeri l’anno, circa 75 viaggi a pieno carico, al giorno – spiega il sindaco di Riccione Renata Tosi, contraria al Trc sin da quando era all’opposizione – ma è improbabile che si riesca a raggiungere quei livelli di traffico. E il rischio è che, a opera completata, il gap tra i costi di gestione e i ricavi sia così mostruoso che il Trc dovrà essere abbandonato”.

“Nemmeno a Ferragosto il metrò costiero potrà vantare una simile utenza – conferma sicuro Daniele Mei, dei No Trc riccionesi – anche perché non fermerà nei pressi dei punti di interesse della città: alberghi o ospedali, per fare qualche esempio. Per quale ragione un turista o un residente dovrebbe usufruirne?”. Se per creare un bacino d’utenza, racconta Tosi, il primo sindaco ad aver sottratto Riccione al centrosinistra, dopo quasi 70 anni di egemonia, anche grazie alla battaglia contro il Trc, “sono state cancellate due linee di autobus funzionanti, in questi 20 anni le amministrazioni non hanno fatto le opere complementari necessarie a potenziare la linea”. Non ci sono, cioè, mezzi pubblici che colleghino le fermate del metrò costiero ad aeroporti o ospedali. Chi scende dal Trc deve andare a piedi.

Ma né la Regione Emilia Romagna, né il ministero alle Infrastrutture hanno voluto sentir parlare di modifiche del tracciato. A favore della realizzazione del Trc, in realtà, c’è anche il Comune di Rimini, il cui sindaco democratico Andrea Gnassi sul metrò di costa è sempre stato chiaro: “Il potenziamento del trasporto pubblico – si legge nel suo programma elettorale, anno 2011 – passa attraverso il Trasporto rapido costiero”. E l’opinione dell’amministrazione riminese, che ha già messo a cantiere l’80% dei lavori legati alla realizzazione del percorso per il metrò, negli anni non è cambiata. “Il Trc è un’opera strategica – sottolinea Jamal Sadegholvaad, assessore alle Attività economiche del Comune di Rimini – le due città che il metrò collegherà accolgono ogni anno 10 milioni di turisti, e soprattutto in estate serve un collegamento certo e in tempi rapidi. Il Trc impiegherà 23 minuti per andare da un capolinea all’altro. In più, ridurrà il numero di auto in circolazione”.

Paradossalmente, infatti, la linea che dovrebbe collegare Rimini a Riccione divide le due città, che in materia hanno pareri opposti. Se Sadegholvaad precisa che l’opera “è frutto di un accordo di programma condiviso, siglato tra i due Comuni interessati, la Regione e la Provincia”, e “metterà al servizio del territorio un sistema di trasporto pubblico tecnologicamente all’avanguardia”, per il primo cittadino della Perla Verde “quel progetto – ereditato dalle precedenti giunte Pd – è obsoleto e troppo costoso”. “Io avevo proposto delle variazioni al ministero e alla Regione, affinché l’opera fosse meno impattante dal punto di vista economico e ambientale – spiega Tosi, il cui primo atto da sindaco è stata una delibera per bloccare il cantiere, poi bocciata – ma andare avanti con i lavori, per il Pd, è diventata una battaglia politica: recepire le istanze di un sindaco di fazione opposta significa arrendersi a chi li ha scalzati dalla poltrona. Immagino che il lutto di aver perso le elezioni a Riccione non sia ancora stato metabolizzato”.

Al netto delle questioni economiche e politiche, tuttavia, a preoccupare i riccionesi è anche l’impatto ambientale della Tav Romagnola. Per fare spazio ai cantieri si dovranno abbattere 230 alberi, “una ferita per una città soprannominata la Perla Verde” sottolinea Alessandra Masì. Ma a nulla sono servite le diffide di Enpa, Lipu, Lav e Wwf, o le manifestazioni dei cittadini. A settembre le ruspe sradicheranno tutta la filiera di viale Portovenere, e le case che oggi si affacciano sulla ferrovia, domani guarderanno il muro della Tav Romagnola. Diversi residenti hanno ricevuto una lettera di esproprio, Patrizia Filippucci si troverà il Trc in giardino, e sa che in futuro la sua casa perderà di valore. “Nessuno ci ha chiesto se volessimo spendere 100 milioni di euro, soldi pubblici, per costruire una preferenziale per un autobus – puntualizza Alberto Beltrame, responsabile dei No Trc – E ora se, come crediamo, i costi di gestione saranno troppo elevati e il metrò in futuro dovrà essere abbandonato, a pagare saremo noi cittadini”.

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