Un tempo c’erano El Pibe de Oro, il Barone, il Mago, il Divin Codino. Nel Mondiale 2014 ci sono la Pulce, El Pistolero, Hulk e Guerrero. Da decenni ogni stagione calcistica ha i suoi protagonisti con i rispettivi soprannomi. Nel libro L’Abatino, il Pupone e altri fenomeni (Rizzoli, euro 14, pp. 396), Furio Zara e Nicola Calzaretta hanno ricostruito le vicende da cui sono scaturiti gli appellativi dei calciatori, dagli anni Trenta a oggi. Oltre 1400 soprannomi inventati da giornalisti oppure nati nell’ambito delle tifoserie. Altri ancora attribuiti da compagni di squadra. Molti di questi epiteti raccontano la storia, i tic, i difetti, le scaramanzie dei giocatori. Altri il loro carattere e il modo di stare in campo.

Se avessimo rivolto maggiore attenzione al soprannome del centravanti uruguaiano Luis Alberto Suárez, colui ha lasciato i segni della sua “dentiera” sulla spalla del nostro Giorgio Chiellini, forse non ci saremmo meravigliati del suo gesto. Nel suo paese e in Premier League, in cui milita nel Liverpool, è conosciuto come “El Pistolero”, per il suo carattere litigioso e aggressivo. Prima di Italia – Uruguay, l’ultima sua vittima era stata Branislav Ivanovic, difensore del Chelsea, morso a un braccio durante una partita nella stagione 2012/2013. Come se non bastasse, tempo fa ha dato per sette volte del “nigger” al francese Evra, difensore del Manchester United. Dopo aver scontato diversi turni di squalifica, quando i due giocatori si sono ritrovati in campo, Suárez ha rifiutato di stringergli la mano.

Il suo compagno di nazionale, Edinson Cavani, invece è di tutt’altra pasta: solo classe e fair play. E’ conosciuto come El Matador, ma da ragazzino era Botija, un termine gergale uruguaiano per definire chi ha lineamenti infantili e un fisico esile. Tra i brasiliani abbiamo il possente Hulk, vero nome Givanildo Vieira de Souza, che milita nello Zenit San Pietroburgo. Lo chiamano così perché da piccolo seguiva la serie tv del gigante verde interpretato da Lou Ferrigno, sognando di diventare come il suo eroe. Ecco perché ha lavorato anni per mettere su un fisico bestiale. Il campione argentino Lionel Messi, invece, è da sempre la Pulce. A dieci anni, infatti, smise di svilupparsi per un deficit dell’ormone della crescita. La famiglia si trasferì a Barcellona per farlo curare. E lui si irrobustì e divenne un fenomeno, ma per tutti è rimasto la Pulce.

Un altro protagonista di questo Mondiale è Cuadrado, attaccante della Fiorentina, che ha trascinato la la sua Colombia ai quarti di finale. Negli spogliatoi della squadra Viola viene chiamato Vespa, per la velocità e per i ritmi frenetici che riesce a sostenere in campo. Glielo diede il compagno di squadra Luca Toni nella stagione 2012- 2013, prima di passare al Verona. Il Cile, invece, punta tutto su Guerrero, soprannome del centrocampista Arturo Vidal, chiamato così per la sua natura di combattente. Mentre l’Olanda si affida all’indomabile ala mancina Arjen Robben, ribattezzato Alleinikov dai suoi compagni del Bayern Monaco per la sua tendenza a cercare sempre la soluzione personale. Il soprannome deriva infatti dal tedesco “allein”, che significa “solo”.

Tra i nostri nazionali, invece, Giorgio Chiellini è chiamato King Kong per l’esultanza a pugni sul petto dopo un gol. Pare buffo in questo momento parlare di Fant’Antonio, soprannome del fantasista Antonio Cassano, vista la prestazione incolore in questo Mondiale che lo ha consacrato definitivamente fra i talenti inesplosi del nostro calcio. In passato il calciatore barese è stato anche Peter Pan, per il suo essere un eterno bambino, e ha vissuto un periodo da Gordito, in spagnolo “grassottello”, quando ai tempi del Real Madrid si aggirava per il campo con qualche chilo di troppo. Andrea Pirlo, invece, è Mozart, perché “pensa con i piedi, parla con i lanci, ogni passaggio è musica”. Nel suo periodo milanista ha ereditato il soprannome di Metronomo, strumento utilizzato nella musica per tenere il tempo, appartenuto prima a Demetrio Albertini, regista del centrocampo rossonero e oggi tra i più gettonati a raccogliere l’eredità di Abete alla guida della Figc. Agli Europei del 2012 Mario Balotelli si era guadagnato sul campo il soprannome di Super Mario. Nel corso di questo Mondiale, però, in molti hanno preferito chiamarlo semplicemente Balo, epiteto più consono alla sua modesta prestazione.

Quando si parla di soprannomi del passato, invece, una menzione particolare la merita Gianni Agnelli, patron della Juventus fino alla sua scomparsa. Numerose le sue invenzioni: a cominciare da quando definì Omar Sìvori “il mio vizio”, oppure il difensore dell’Italia del 1982, Claudio Gentile, Gheddafi per le sue origini libiche. Il francese Michel Platini e l’attaccante polacco Zbignew Boniek vennero ribattezzati rispettivamente Bello di giorno e Bello di notte, perché il primo segnava nelle partite di campionato mentre il secondo lasciava il segno nelle partite di coppa. Sempre Agnelli affibbiò a Roberto Baggio l’epiteto di Coniglio bagnato, per la sua spiccata sensibilità, paragonandolo anche al pittore Raffaello. Ma il suo capolavoro risale al 1995, quando accostò Alessandro Del Piero al Pinturicchio. “L’Avvocato, per esaltare le indubbie capacità del giovane Alex, pensò al Pinturicchio – scrivono Zara e Calzaretta – pittore rinascimentale che, diciamolo, fino a quel momento lì lo conoscevano giusto Sgarbi e pochi altri”. Ancora oggi Del Piero viene chiamato così.

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