In manette un pezzo della finanza che conta. E nell’inchiesta spunta anche un’appropriazione indebita da 79 milioni di euro ai danni delle casse di previdenza dei ragionieri, dei medici e dei giornalisti. I fratelli Ruggero, Aldo e Giorgio Magnoni, il figlio di quest’ultimo, Luca, e altre tre persone sono state arrestate dalla Guardia di Finanza, su richiesta del gip Donatella Banci Buonamici, in un’inchiesta che riguarda la holding di partecipazione finanziaria di famiglia, Sopaf, che è in concordato preventivo. La Guardia di finanza, nell’ambito delle indagini dirette dal pm di Milano Gaetano Ruta, ha sequestrato 65 immobili riconducibili agli indagati, la maggior parte nel centro di Milano, e ha bloccato oltre 250 rapporti bancari in varie parti d’Italia. I reati contestati sono associazione per delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta, truffa, appropriazione indebita e frode fiscale. I finanzieri avrebbero accertato, innanzitutto, una distrazione di oltre 100 milioni di euro dal patrimonio della Sopaf. I fratelli Magnoni – tutti ai domiciliari – sono personaggi noti della finanza: Ruggero è stato vice presidente Europa di Lehman Brothers e presidente per l’area Emea (Europa, Medio Oriente e Africa) di Nomura, banca che ha lavorato anche per il Monte dei Paschi di Siena “confezionando” per Giuseppe Mussari il derivato Alexandria, per il quale l’ex presidente è a processo insieme all’ex ad Antonio Vigni. Nel 1999, insieme a Roberto Colaninno e Emilio Gnutti, fu uno dei registi dell’opa ostile di Olivetti su Telecom, la “madre di tutte le scalate”. Aldo Magnoni è stato amministratore di L&M Real estate e, con Ruggero, l’ideatore dell’Oak Fund, pure intervenuto nella scalata Telecom; Giorgio Magnoni e il figlio Luca sono rispettivamente amministratore delegato e consigliere della Sopaf, di cui il 17 aprile è stato omologato il concordato preventivo. Il padre di Ruggero, Aldo e Giorgio, Giuliano, fu socio e consuocero del finanziere Michele Sindona.

Nel campo di imputazione si legge che Giorgio Magnoni sarebbe stato il “capo” dell’associazione per delinquere, attiva tra il 2005 e il 2013, e avrebbe presieduto “a tutte le attività illecite del gruppo coordinandone la strategia e stabilendo tempi e modi di attuazione delle operazioni”, mentre il fratello Ruggero avrebbe collaborato “in particolare nella costruzione di operazioni finanziarie finalizzate al conseguimento di profitti illeciti”. Il figlio di Giorgio Magnoni, Luca, invece – stando all’imputazione – “assisteva e collaborava in tutte le attività illecite dell’associazione, condividendone l’attuazione con gli altri membri”. Aldo Magnoni, fratello di Ruggero e Giorgio, era “deputato a seguire le operazioni immobiliari, curava le attività connesse alla realizzazione di guadagni in pregiudizio delle controparti negoziali ed al loro occultamento”. Ruggero Magnoni, inoltre, sempre secondo il pm, pur “formalmente privo di cariche sociali nel gruppo Sopaf, svolgeva un ruolo attivo quale amministratore di fatto, assistendo e collaborando in particolare nella costruzione di operazioni finanziarie finalizzate”.

Oltre ai quattro componenti della famiglia Magnoni sono stati arrestati dalla Guardia di finanza, per appropriazione di fondi ai danni delle casse di previdenza dei ragionieri, dei giornalisti e dei medici per un totale di quasi 80 milioni, anche Gianluca Selvi, dominus della società Hps, Andrea Toschi e Alberto Ciaperoni. Il primo è stato in passato presidente di Arner Bank – la banca svizzera presso la quale aveva un conto corrente Silvio Berlusconi – e amministratore delegato della società di gestione risparmio Adenium, controllata al 100% da Sopaf, il secondo (anche lui ex Lehman Brothers) è stato ad di Sopaf capital management. La Adenium, attraverso la controllata lussemburghese Adenium Sicav, avrebbe sottoscritto titoli per 52 milioni di euro gestiti dalla società Hps di Selvi. Per quanto riguarda la Cassa nazionale di previdenza dei ragionieri e periti commerciali, il denaro sottratto sarebbe stato trasferito tramite società offshore su conti bancari alle isole Bermuda e Mauritius, per rientrare infine in Italia a disposizione di alcuni degli arrestati. Andrea Toschi, secondo l’imputazione, “sfruttava la propria rete di relazioni esterne per agevolare la realizzazione di operazioni illecite e conseguire i relativi guadagni”, mentre Ciaperoni era “si adoperava per la costruzione delle operazioni finalizzate alla realizzazione dei guadagni illeciti”. Il meccanismo attraverso il quale sarebbero stati truffati l’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani (Inpgi) per sette milioni di euro e l’Enpam, ente di previdenza dei medici, per venti milioni di euro, passava attraverso operazioni immobiliari: i finanzieri del nucleo speciale di polizia valutaria hanno accertato che la Sopaf, che gestiva parte del patrimonio dei due istituti, avrebbe acquistato quote del Fondo immobili pubblici (Fip) e li avrebbe rivenduti dopo alcuni giorni a Inpgi ed Enpam, realizzando in tal modo un profitto ritenuto illecito. I due istituti sono parti lese nell’inchiesta. Perquisizioni per la ricerca di  prove a carico degli arrestati sono state eseguite dalle Fiamme gialle negli uffici di Paolo Saltarelli, presidente della Cassa di previdenza dei ragionieri, e di Andrea Camporese, presidente dell’Inpgi. Nella richiesta di applicazione delle misure cautelari il pm scrive che “il ruolo degli organi apicali degli enti previdenziali” resta “ancora sullo sfondo” ma richiede “i necessari approfondimenti”.

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