Sarà pure, come diceva perfino il Financial Times qualche giorno fa, che la Spagna è tornata a respirare. Il punto di svolta si è concretizzato: l’economia iberica nel terzo trimestre del 2013 ha segnato una timida crescita (+0,1 per cento) che ha entusiasmato i mercati.

Che la recessione sia già alle spalle è un mantra che a Madrid il premier iberico ripete da settimane. Lo ha fatto anche lunedì 27 gennaio, al vertice bilaterale di Roma: “Comincia una nuova tappa di crescita e abbiamo buone speranze per il futuro, anche se dobbiamo continuare a fare grandi sforzi”, ribadiva Mariano Rajoy alla conferenza stampa di Palazzo Madama.

Nemmeno il tempo di rientrare alla Moncloa e dare un’occhiata agli ultimi dati pubblicati dalla Banca di Spagna: a causa della crisi economica il numero degli sfratti per morosità nel pagamento dei mutui ipotecari è aumentato e la tendenza va verso un raddoppio rispetto al 2012. Firmato Luis María Linde, numero uno della Banca centrale.

I dati relativi al primo semestre 2013 fanno ripiombare gli spagnoli nel baratro: 35.098 famiglie sono rimaste senza un tetto tra gennaio e giugno. In particolare in sei mesi sono state confiscate 18.256 case vuote e 1.311 abitazioni occupate, mentre le restanti 15.531 sono state consegnante, chiavi in mano, alle banche. I dati indicano che le rilevazioni del secondo semestre – ancora in fase di elaborazione – porteranno quasi a un raddoppio. La cifra ha infatti superato, in solo mezzo anno, più del 70 per cento degli sfratti realizzati nel 2012.

Di contro, si è ridotto di molto (a 88 casi) il numero degli interventi delle forze dell’ordine per procedere alle esecuzioni, un fenomeno che negli ultimi anni ha causato oltre una ventina di suicidi. Merito della Piattaforma delle vittime di ipoteca, la Pah, che ha paralizzato quasi mille sfratti in tutto il Paese. “L’aumento è significativo visto che coincide con il momento di maggiore allarme sociale, di forti proteste, di suicidi e di escraches”, ha detto Ada Colau, la portavoce del movimento, ma il calo degli interventi forzosi sono “una conseguenza della pressione sociale”.

Insomma, nonostante le ben 206 delegazioni dislocate in tutta la Spagna, un’iniziativa legislativa presentata al Parlamento mai recepita, e un decreto legge approvato in tutta fretta per cercare di moderare i termini della questione – soprattutto in merito alla dación en pago, procedura che porterebbe all’estinzione del debito al momento della consegna dell’abitazione – uno dei più gravi problemi che la Spagna affronta dopo l’esplosione della bolla immobiliare continua a far paura.

Tanto più che del totale delle abitazioni che sono passate in mano alle banche, da gennaio a giungo 2013, quattro su cinque (28.170) erano prime case, secondo le statistiche del Banco di Spagna. “Né seconde case, né residenze di speculatori”, ha rimproverato ancora Ada Colau. “Adesso riconoscono che stanno danneggiando lavoratori che hanno investito tutta una vita per pagare la propria casa”, ha spiegato, ricordando come lo scorso febbraio, mentre aumentava il ritmo degli sfratti, Javier Rodríguez Pellitero, portavoce dell’Aeb (Associazione bancaria spagnola) negava che gli istituti di credito stessero cacciando le famiglie dalle loro case. Nel report si evidenzia che l’83,2 per cento dei mutui che hanno dato origine alle consegne giudiziarie è stato stipulato nel 2007 e anche prima, proprio durante la bolla immobiliare.

La Pah però non si dà per vinta: “Adesso siamo più forti, abbiamo più capacità di negoziazione. La nostra presenza spinge al dialogo”, ha detto la portavoce del movimento, che ha appena aperto un blog dove, con riso amaro, raccoglie le tante storie da incubo degli hipotecados intranquilos.

@si_ragu

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