Non è solo l’indagine per corruzione a carico dell’ex presidente dell’Isvap Giancarlo Giannini nello scandalo Fonsai a sollevare perplessità sul modo in cui le autorità di vigilanza in Italia svolgono la loro funzione. Sotto la presidenza di Giuseppe Vegas attorno alla Consob, la commissione che vigila sulla Borsa, si è diffusa una percezione negativa circa l’imparzialità attesa da un arbitro. A differenza di Giannini, Vegas può fin qui vantarsi di essere rimasto indenne dalle indagini giudiziarie in corso a Milano e Torino. Quasi un anno fa fu un commissario Consob, Michele Pezzinga, a dare voce al crescente disagio: “Non mi pare opportuno, e non so quanto giovi all’immagine della Consob, indossare i panni che normalmente vestono i consulenti di gruppi privati”, disse in un’intervista, dopo che si era saputo che il presidente della Consob aveva incontrato Alberto Nagel, amministratore di Mediobanca, e i vertici delle società interessate, per dare indicazioni su come impostare l’operazione di salvataggio di Fonsai orchestrata da Mediobanca e affidata alla compagnia bolognese Unipol.

Le telefonate agli atti dell’inchiesta milanese per corruzione e calunnia a carico di Giannini, rivelano dettagli sulla Consob: alti funzionari in confidenza con i controllati e pronti a “rassicurarli” sull’esito di decisioni che solo l’organo collegiale di vertice poteva prendere, o che mostrano spiccate preferenze per uno dei contendenti in gara.

È il 2 luglio 2012, ore 12: dal telefono di Carlo Cimbri, amministratore delegato di Unipol, parte una chiamata verso Flavia Mazzarella, vicedirettore generale dell’Isvap e braccio destro di Giannini. I due “commentano la situazione Fonsai/Unipol/Sator/Palladio”, si legge nei brogliacci dell’intercettazione, poi la dirigente dell’Isvap chiede “del prospetto approvato da parte di Consob”. Cimbri si mostra sicuro: “Giovedì!”. L’entusiasmo è giustificato dall’entità della posta. Sul tavolo ci sono l’ok di Consob al prospetto relativo agli aumenti di capitale paralleli di Unipol e di Fonsai e la decisione sull’esenzione dall’offerta pubblica di acquisto a cascata su Milano Assicurazioni, controllata di Fondiaria, senza la quale casca tutta l’operazione.

Come faceva l’ad di Unipol a sapere della decisione che la Consob prenderà giovedì 5 luglio e del suo esito? L’indomani, in un’altra telefonata, Angelo Apponi, capo della divisione emittenti della Consob e braccio destro di Vegas, rivela alla Mazzarella che ha visto Cimbri, che “era preoccupato ma lui lo ha rassicurato”. Forse sull’esito dei procedimenti autorizzativi in corso? Fonti Consob escludono qualsiasi rivelazione di segreto e rivendicano che si tratta “normale e fisiologico coordinamento secondo prassi di collaborazione consolidate a beneficio del mercato e delle società quotate” ed è il testo unico della finanza a “prescrivere una collaborazione tra le autorità di vigilanza che lavorano sullo stesso caso”. La “fisiologia della vigilanza”, però, non si ferma qui. La sera del 4 luglio 2012, a fine giornata, Apponi sente di nuovo la Mazzarella: dopo alcune considerazioni poco istituzionali sui vigilati (“quelli di Fonsai” che “non sono capaci, sono deficienti”), le dice che “per l’esenzione Opa domani pomeriggio deliberato per il sì”. Dunque, un alto funzionario Consob dava per certo all’esterno l’esito di una decisione che spettava solo a un organo collegiale, la Commissione, che si sarebbe riunita il giorno dopo. L’anticipazione, comunque, era azzeccata: anche se non arriva l’ok al prospetto, rinviato di qualche giorno, la Consob concede l’esenzione Opa sulla Milano Assicurazioni. Forse quella di Apponi è una leggerezza, o forse solo una previsione scontata. L’informazione aveva un suo peso potenziale, spendibile con profitto sul mercato: nella giornata del 6 luglio, quando l’esenzione Opa diventa pubblica, il titolo Milano Assicurazioni perde il 10,72 per cento contro il 2,44 per cento della Borsa. Un esito ben prevedibile da chiunque fosse in possesso dell’informazione in anticipo.

Anziché lavorare per trasmettere una percezione di imparzialità da parte dei suoi uffici, il presidente Consob si è premurato di chiedere alla Procura di Milano i tabulati telefonici di due giornalisti di Repubblica in relazione a un articolo che dava notizia, confermatasi corretta, di errori di contabilizzazione dei titoli strutturati nel bilancio Unipol. Questo mentre i suoi funzionari non lasciavano dubbi circa le loro simpatie. Alla Mazzarella che gli chiedeva “se hanno fatto pubblicare la seconda offerta della Sator”, era l’11 giugno 2012, Apponi risponde che “farla pubblicare vorrebbe dire dargli ancora più “grancassa”. Non bisognava insomma favorire i concorrenti di Unipol, il duo Sator-Palladio.

Chiude il cerchio il rapporto fra Apponi e Stefano Vincenzi, responsabile della consulenza legale e uomo di punta della lobby istituzionale di Mediobanca. Ma su questa relazione a distanza ravvicinata fra controllore e controllato non vi sono per ora telefonate. Di sicuro, Cimbri sa quanto è stato cruciale il ruolo di Vincenzi. Il 17 luglio, secondo giorno dell’aumento di capitale, lo incontra per strada a due passi dalla sede milanese di Mediobanca e lo omaggia con un “Stefano, dobbiamo tutto a te”. Non proprio quello che gli azionisti del gruppo Fonsai possono dire delle autorità di vigilanza.

di Lorenzo Dilena

da Il Fatto Quotidiano dell’11 dicembre 2013

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