La storia che sto per raccontarvi non ha una morale. Almeno secondo me. E’ solo una storia.
E mostra come una storia possa essere raccontata e vissuta a seconda dei punti di vista.

Mi è stata riportata recentemente da una mia amica. Anche se è avvenuta più di cinque anni fa. La mia amica è quella che si definirebbe “una persona molto impegnata”. Nel senso buono del termine. Legge, si appassiona a temi civili. Partecipa attivamente a manifestazioni che ritiene giuste. Dedica molto tempo a quelle che definisce “battaglie di civiltà”.

Tra i suoi tanti interessi c’è quello di rendere la città (Roma, in particolare) più vivibile.

Simpatizza con Critical Mass. Credo sappiate di cosa si tratti. Non voglio dare una definizione del movimento critico. Spero di non sbagliare definendolo un insieme di persone che si propongono di spingere la gente ad utilizzare la bicicletta quotidianamente.  Copio da Wikipedia: “La massa critica (spesso chiamata col termine inglese critical mass) è un raduno di biciclette che, sfruttando la forza del numero (massa), invadono le strade normalmente usate dal traffico automobilistico. Se la massa è sufficiente (ovverosia critica), il traffico non ciclistico viene bloccato anche su strade di grande comunicazione, come viali a più corsie”. 
Vorrebbero – almeno così me lo spiega la mia amica – aprire le città ad una dimensione umana. Lei non ha mai partecipato alle loro iniziative. Ma li difende tenacemente. Una sera l’ho vista diventare paonazza e poi esplodere contro chi li aveva definiti “quel gruppo di rompi coglioni”.

Torniamo alla storia. E’ il solito maggio caldo e afoso di Roma. Il papà della mia amica è in ospedale. Sta molto male, ma non è in condizioni critiche.
Improvvisamente, ha una crisi respiratoria. I dottori si rendono conto che difficilmente la supererà. Chiamano la mia amica: “Dovrebbe venire qui, la situazione sta precipitando”, le dicono.  Lei è ancora al lavoro. Esce di corsa. Il trucco le si disfa per le lacrime. E’ sconvolta. 
Si mette in macchina e imbocca la tangenziale. 
Per chi non è di Roma, forse è utile dire che la tangenziale è una sorta di autostrada (in parte sopraelevata) che attraversa la città. E’ costellata, perennemente, di cantieri. Se la percorri nell’orario sbagliato (e sulla tangenziale l’orario è sempre quello sbagliato), rimani bloccato. Nessuna possibilità di tornare indietro. Come in autostrada, devi aspettare l’uscita successiva. 
E’ talmente scossa che non pensa a una strada alternativa. Dopo poco si trova ferma. Immobile. Forse c’è un incidente. No. C’è una manifestazione di Critical Mass.
Lo scoprirà solo dopo, in ospedale. Ma quando arriva, il papà è già morto. “Lo volevo solo salutare. Solo salutare”. 

Non è arrabbiata, non ce l’ha con chi manifesta per quella che lei stessa definisce “una battaglia sacrosanta”.
 “Ho solo avuto un’altra visione di tutta la storia”, mi dice. 

Ve l’ho detto. Io non trovo una morale. Un senso. Probabilmente qualcuno più intelligente di me (ci vuole poco) la troverà.

Io ho solo la conferma – se mai ne avessi avuto bisogno – che a volte, la vita, è solo una questione di punti di vista.
 

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