Forse perché la Sicilia è la terra di Luigi Pirandello accade che i suoi discendenti riescano a dare un’interpretazione flessibile a tutto. Anche a uno dei più rigidi principi del diritto, nemo iudex in causa propria. Il presidente dell’Autorità Antitrust, Giovanni Pitruzzella, palermitano di 54anni, è certamente una figura pirandelliana. La legge istitutiva dell’Antitrust dice che il presidente deve essere scelto dai presidenti di Camera e Senato “tra persone di notoria indipendenza”. Questione di interpretazione. Pitruzzella ha difeso la sua notoria indipendenza sottoponendola alle seguenti prove estreme: è stato in più occasioni l’avvocato di fiducia del palermitano Renato Schifani, il presidente di Palazzo Madama che nel novembre 2011 indicò il suo nome per l’Antitrust; ha avuto per anni il suo nome sulla carta intestata dello studio legale ex Schifani, figurando come consulente, sia pure a titolo gratuito; è stato collaboratore del governatore siciliano Totò Cuffaro prima che finisse in galera per mafia, e nel 2003 fu addirittura candidato in pectore per la Provincia di Palermo in quota Udc, prima di rinunciare quando scoprì che la poltrona politica era incompatibile con la cattedra universitaria. Pirandellianamente, Pitruzzella fece in tempo, prima della rinuncia, a offrire al procuratore della Repubblica di Agrigento, Ignazio De Francisci, un posto da assessore, in interpretabile continuità con la sua polemica contro i magistrati che fanno politica, in nome della quale nel 2008 si schierò in favore del Lodo Alfano, che ovviamente non serviva a salvare dai processi il capo di Schifani, ma a “bilanciare ragionevolmente i diversi interessi in gioco in quel conflitto tra politica e giustizia che dura da ormai troppi anni e al nostro Paese è costato la perdita di innumerevoli opportunità”.

Una volta diventato presidente dell’Antitrust, che oltre a vigilare sulla libera concorrenza è anche incaricata dalla legge di sorvegliare i conflitti d’interesse, Pitruzzella si è lanciato in una critica severa della legge Frattini del 2004, quella con cui Berlusconi si è garantito dalle seccature soverchie in tema appunto di conflitti d’interesse. Ormai c’era il governo Monti e Berlusconi sembrava finito anche all’ispiratore della Fondazione Magna Charta, Gaetano Quagliariello, e a co-fondatori come Pitruzzella medesimo. Il quale si presentò a marzo 2012 in audizione parlamentare per sentenziare : “La legge italiana rinuncia a prevenire la situazione di conflitto di interessi e lo affronta solo quando sorge, in modo peraltro assai complesso (sotto il profilo dell’accertamento) e del tutto inefficace (sotto quello dell’enforcement)”.

Parole così severe richiamano alla mente l’interrogativo più pirandelliano del caso Pitruzzella. Per la prima volta da quando fu istituita l’Antitrust (1990), l’istituzione è stata affidata a un avvocato, per definizione titolare di molte “cause proprie”. Prima di lui ci sono stati quattro presidenti: tre magistrati (Francesco Saja, Giuseppe Tesauro e Antonio Catricalà) e un giurista politico come Giuliano Amato. Nella distrazione generale del novembre 2011 (caduta di Berlusconi e incoronazione di Mario Monti) non ci si è chiesti se avesse senso considerare “di notoria indipendenza” un avvocato alla guida di un’autorità che indaga con poteri di tipo giudiziario, giudica, decide, ordina, sanziona e tutto ciò con in gioco gli interessi di grandi aziende che affrontano il giudizio dell’Antitrust sostenute da stuoli di grandi avvocati.

Qualche attento osservatore si è posto la domanda di fronte alla recente delibera con cui l’Autorità ha castigato Poste Italiane in una complicata questione di esenzione dall’Iva. In sintesi: Poste Italiane non paga l’Iva sul servizio universale, ma estendeva l’esenzione (in conformità alla legge italiana, ma in contrasto con quella europea) anche a servizi sul mercato aperto, nei quali beneficiava di un evidente vantaggio competitivo sui concorrenti privati. Nell’istruttoria, appena aperta da Pitruzzella poche settimane dopo il suo insediamento, si è subito insinuata la Tnt Post Italia, che fa parte della grande multinazionale olandese dei recapiti, e ha battagliato gagliardamente in difesa dei suoi legittimi diritti. Solo che la Tnt è un antico cliente dello studio legale Pitruzzella di Palermo.

In quest’ultima vicenda, davanti all’Antitrust, Tnt è stata rappresentata dagli avvocati Claudio Tesauro e Dario Ruggiero, ma quando ha avuto questioni legali in Sicilia la società olandese ha fatto ampiamente ricorso al qualificato studio palermitano. Nel 2012 un ricorso al Tar di Palermo contro la società Riscossione Sicilia Spa è stato affidato a Tesauro e Ruggiero ma anche a Massimiliano Mangano, avvocato con studio in via Nunzio Morello 40, cioè nello studio Pitruzzella . Attualmente lo studio risulta presidiato dall’avvocato Domenico Pitruzzella, omonimo del presidente dell’Antitrust e unico legale nominato nel sito web, guardando il quale si potrebbe pensare a uno studio fantasma. Una rapida occhiata all’elenco telefonico conferma, invece, che le eleganti stanze di via Morello sono affollate di brillanti avvocati. Tra essi Mangano, che adesso difende Tnt con il collega Tesauro, un tempo si occupava degli interessi della multinazionale olandese, rappresentandola nei vari gradi della giustizia amministrativa insieme a Giovanni Pitruzzella. Che adesso si astiene dall’attività forense, perché la legge gliela vieta, ma come presidente dell’Antitrust decide sugli affari della Tnt. Nella decisione sopra richiamata, l’Antitrust ha dato ragione alla Tnt e torto alle Poste. Anche nella decisione del 14 dicembre 2011, adottata a pochi giorni dalla nomina di Pitruzzella che senza remore la firmò, Tnt ebbe ragione su Poste Italiane, che si beccò una multa da 39 milioni di euro, rapidamente annullata dal Tar del Lazio. La domanda sorge spontanea: la Tnt è l’unico ex cliente di Pitruzzella su cui l’Antitrust prende decisioni? E comunque, la figura dell’avvocato che diventa giudice non è un po’ strana?

Da Il Fatto Quotidiano del 4 settembre 2013

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