Nella prima puntata di questo articolo, pubblicata su questo blog il 19 luglio scorso, ho segnalato come il Transatlantic trade and Investment Partnership produrrebbe gravissimi danni alla civiltà europea ed italiana in particolare. Questo in termini di distruzione del welfare pubblico e dei beni comuni, di distruzione dell’ambiente, dell’agricoltura di qualità ed in particolare di quella basata sui cicli corti, ecc.

In questa seconda ed ultima puntata vorrei segnalare gli altri problemi che emergono da questo trattato sul piano economico e geopolitico.

In primo luogo sul piano economico chi ci guadagnerà di più saranno gli Usa e non l’Europa. Banalmente i dazi medi che le merci europee pagano per entrare in Usa sono del 3,5% mentre i dazi medi che le merci Usa pagano per entrare in Europa sono del 5,2%. A questa piccola differenza si deve sommare il fatto enorme che gli Usa hanno un sistema sanitario ed educativo sostanzialmente privato. Negli Usa vi sono cioè le aziende private in grado di colonizzare il mercato europeo in settori ove l’Europa – e segnatamente l’Italia – ha un sistema pubblico che sarebbe semplicemente scardinato dalla concorrenza al massimo ribasso. Al contrario è del tutto evidente che una Asl o una università pubblica italiana non si metterebbero a concorrere negli Usa per aprire ospedali o università.

In secondo luogo, questo trattato di libero scambio accentuerà le differenze che ci sono in Europa. Mentre gli Stati esportatori come la Germania vedranno un aumento degli sbocchi di mercato per le loro merci, gli stati più deboli saranno letteralmente colonizzati nel complesso delle loro funzioni vitali. I danni prodotti dall’Europa neoliberista di Maastricht, si sommerebbero i danni dell’ulteriore allargamento di un mercato sregolato, in particolare sul welfare, sull’ambiente, sull’agricoltura. Tornano alla mente le parole del Presidente della Bce Draghi quando nell’estate scorsa concionava sul fatto che il welfare è troppo costoso e che l’Europa deve farne a meno. Il libero mercato è lo strumento attraverso cui distruggere il welfare, il sindacato e alla fine la democrazia intesa come effettiva sovranità popolare.

In terzo luogo, non sfugge a nessuno che la costruzione di un mercato Transatlantico – una vera e propria Nato economica – risponde ad un preciso disegno geopolitico. Nella crisi evidente della globalizzazione neoliberista gli Usa stanno ricostruendo le proprie aree di influenza e di egemonia economica e militare. Dapprima hanno fatto il trattato transpacifico che ha unito i paesi che affacciano sul pacifico salvo la Cina. Adesso questo trattato trans Atlantico. Se si guarda chi resta fuori è evidente l’operazione degli Usa di saldare una propria sfera di influenza contro i Brics e segnatamente Cina, Russia e America Latina.

In quarto luogo è evidente che la riorganizzazione del mondo attorno agli Usa per aree di libero scambio economico e alleanze militari, porta dritto dritto all’acuirsi dei pericoli di guerra. La dinamica è del tutto simile a quella della prima guerra mondiale in cui imperialismo militarista e liberismo economico globalizzato si saldarono in una miscela esplosiva. Non sfugge a nessuno che il passaggio dalla guerra commerciale aggressiva alla guerra guerreggiata non è così lungo.

La mia opinione è quindi che il Ttip sia un passo che distruggerà il livello di civiltà che abbiamo conquistato in Europa dopo la seconda guerra mondiale e con esso i diritti dei lavoratori e buona parte della democrazia; che contribuirà a centralizzare i capitali e a dividere ulteriormente tra paesi e aree ricche e paesi ed aree deboli e che porta in se la certezza della guerra commerciale e i germi della guerra guerreggiata.

Io penso che esista una strada alternativa su cui lavorare a partire dalla informazione su cosa sia il Ttip e dalla sua contestazione.

In primo luogo la scelta dell’Europa di giocare un proprio ruolo autonomo e di pace sullo scacchiere globale. L’Europa è il più grande produttore mondiale e il più grande mercato mondiale, ha un peso sufficiente a determinare il terreno di gioco e deve attuare una politica di disarmo e cooperazione con tutti, a partire dai paesi del mediterraneo.

In secondo luogo l’Europa dovrebbe uscire dal Wto che ha sregolato completamente il mercato globale e dotarsi di una propria sovranità economica e finanziaria continentale. A partire dalla messa in discussione del Wto l’Europa dovrebbe proporre un sistema di relazioni internazionali multilaterali e bilaterali cooperative che permettano di migliorare la condizione umana sul globo nel rispetto dei diritti del lavoro e della natura.

In terzo luogo l’Europa deve modificare se stessa, superando il trattato di Maastricht e le successive regolamentazioni neoliberiste e assumendo la piena occupazione, lo sviluppo del welfare, il superamento delle diseguaglianze interne e la riconversione ambientale dell’economia e delle produzioni come obiettivo comune. A tal fine proponiamo che l’Italia disobbedisca ai trattati europei a partire dal Fiscal Compact.

Utopie? Per combattere la barbarie che sta avanzando nell’incapacità del capitalismo di uscire dalla sua crisi, non basta lamentarsi, occorre avere una visione.

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