Un americano è rimasto ucciso nel corso degli scontri tra pro e anti Morsi ad Alessandria, in Egitto. Il cittadino statunitense è stato colpito da una coltellata al petto. L’amministrazione Obama ha lanciato l’allarme chiedendo ai cittadini americani di evitare, se non è necessario, di andare in Egitto, in seguito alle proteste degli ultimi giorni. Il Dipartimento di Stato Usa ha autorizzato tutto il personale diplomatico non essenziale, assieme alle loro famiglie, a lasciare l’Egitto, almeno sino a quando la situazione nel Paese non migliorerà. Secondo il capo della sicurezza di Alessandria Amine Ezzedine, lo studente, 21 anni, lavorava al Centro culturale americano della città e stava “scattando foto” degli scontri. Insegnava inglesi ai bambini e aveva una passione per il Medio Oriente. Il giovane si chiamava Andrew Driscoll Pochter e frequentava il Kenyon College, nell’Ohio: si era trasferito ad Alessandria per insegnare inglese ai bambini di 7-8 anni. “Era andato in Egitto perchè aveva a cuore il Medio Oriente e stava programmando di rimanerci stabilmente”, ha detto la famiglia. “Amava fare nuove esperienze”, ha aggiunto.

In Egitto è di nuovo caos, dunque, alla vigilia del 30 giugno, la giornata del primo anniversario di presidenza di Mohamed Morsi e che movimenti e opposizioni vorrebbero segnasse l’inizio della fine del “regno” dei Fratelli musulmani. Mentre le piazze contrapposte di pro e anti Morsi mettevano in atto una prova di forza a distanza, nelle regioni del nord del paese, in particolare nel Delta, esplodeva la rabbia contro la Fratellanza, provocando tre morti ad Alessandria. A questi si è aggiunta la vittima e un numero imprecisato di feriti provocati da un’esplosione avvenuta in una piazza centrale di Port Said durante una manifestazione anti-Morsi.

La contrapposizione frontale fra coloro che sostengono il primo presidente proveniente dalle fila dei Fratelli musulmani e coloro che invece vogliono che se ne vada, accusandolo di avere trascinato il paese in una crisi durissima e di averlo spaccato a metà, è diventata visibile e tangibile. In serata la piazza degli anti Morsi, la mitica piazza Tahrir, e il piazzale davanti alla moschea Rabaa el Adaweya, scelta dagli islamici per il loro sit in di sostegno a Morsi, erano colme di decine di migliaia di persone. All’ora della preghiera entrambe erano avvolte in un silenzio surreale mentre i manifestanti pregavano e simbolicamente si contavano per dimostrarsi reciprocamente di non rappresentare tutto il Paese.

Sedi della Fratellanza sono state assaltate ad Alessandria, e in varie località del delta del Nilo, dove da mercoledì il bilancio delle vittime è salito a 4 persone, tutte appartenenti ai Fratelli musulmani. Ad Alessandria la sede della Fratellanza è stata data alle fiamme davanti ad una folla che inneggiava contro la guida spirituale del movimento. Negli scontri fra opposte fazioni oltre 140 sono rimaste ferite, molte colpite da proiettili a pallettoni. Il portavoce della Fratellanza Gehad el Haddad ha accusato “teppisti” dell’ancien regime di aver lanciato gli attacchi alle sedi della Fratellanza, ma anche rilanciato su twitter le voci secondo le quali a piazza Tahrir sono state distribuite foto dell’ex rais Hosni Mubarak. Il leader del fronte di salvezza nazionale di opposizione Mohamed el Baradei ha tentato di calmare la situazione condannando qualsiasi tipo di violenza. “Più pacifici siamo più forti diventiamo”, ha scritto su un messaggio Twitter.

Inconciliabili ormai le due piazze. “Sono musulmana ma non voglio Morsi. Ha spaccato il paese e il suo discorso, le sembra degno di un presidente della repubblica?” chiede Fatma, ingegnere a piazza Tahrir con la bandiera egiziana. Le replica da lontano Hamza, funzionario pubblico dei Fratelli Musulmani che partecipa al sit in di Rabaa. “Voglio dare il mio sostegno a Morsi, alla sua legittimità di presidente eletto dalla maggioranza degli egiziani. Voglio difendere la rivoluzione dall’ancien regime che vuole tornare al potere in coalizione con l’opposizione”.

In una giornata carica di tensione l’esercito ha nuovamente fatto sentire la sua voce. Il portavoce delle forze armate Ahmed Ali ha detto di volere “rassicurare” gli egiziani sottolineando che l’esercito protegge loro e i loro beni, consapevole del suo ruolo nel compiere “questa missione”.

 

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