Cari lettori,
parte oggi il mio blog sull’Organizzazione delle Nazioni Unite, la più importante delle organizzazioni internazionali, creata alla fine della seconda guerra mondiale per preservare una volta per tutte la pace, promuovere lo sviluppo e tutelare i diritti umani nel mondo, e divenuta invece un’elefantiaca, costosissima ed inefficiente burocrazia globale, ben rappresentata anche in Italia: e mentre ovunque si discute di tagli, di trasparenza, del rapporto tra i costi e l’efficienza della pubblica amministrazione, poco sappiamo in realtà di quanto avvenga con le tasse che gli Italiani e gli altri cittadini del mondo pagano per mantenere l’Onu (e l’insieme della funzione pubblica internazionale) e con quale utilità.

Vorrei dunque contribuire a colmare almeno in parte questo vuoto di conoscenza, andando al di là delle improbabili statistiche ufficiali, degli slogan triti e ritriti e delle solite foto di bambini affamati, che non servono a informare, ma solo a spingere i cittadini a rimettere mano al portafoglio, come se non bastasse che l’Italia è già il sesto maggiore contribuente dell’Onu (senza contare i finanziamenti alle numerose agenzie e programmi del sistema e i fondi, gli uomini e i mezzi che forniamo alle operazioni di pace).

Eviterò tuttavia di unirmi al coro degli «specialisti della riforma Onu» che sostengono che l’Onu ha le mani legate dai membri del Consiglio di Sicurezza, dalla sua dipendenza dagli Stati, e così via, per concentrarmi invece sulla responsabilità personale delle centinaia di migliaia di uomini e donne che stanno dietro il vetro opaco dei palazzi, nei mille tentacoli di questa burocrazia globale, fino alle operazioni sul campo, a contatto con i conflitti, la miseria e la terribile sofferenza dei popoli, e che sono in ultima analisi i veri responsabili di fatti e misfatti, opere e omissioni, che hanno un impatto decisivo sulla vita di milioni di persone.

Negli anni che ho speso al servizio dell’Onu, certo ho conosciuto anche persone coscienziose ed impegnate, e molti (purtroppo) sono coloro che ogni anno giungono a dare la vita per essa; ma ho anche visto tanti, troppi oscuri burocrati dalla lingua biforcuta, dimentichi del senso stesso del loro lavoro, impegnati solo a costruire lucrose carriere, facendo in troppi casi carta straccia di ogni regola, principio e diritto, protetti da privilegi e immunità che ingelosirebbero i nostri parlamentari, e da una sotto-cultura trasversale di menefreghismo e di omertà, che tanto contrasta con i nobili principi ufficialmente sbandierati.

È giunto ormai il momento che quest’omertà e questa impunità siano spazzate via, se vogliamo un’Onu che realizzi davvero gli obiettivi e principi sacrosanti sanciti dalla Carta fondatrice e dal diritto internazionale dei diritti umani, che proprio grazie all’Onu ha goduto, dal 1945 ad oggi, di uno sviluppo senza precedenti nella storia dell’umanità.

Vorrei dunque che questo blog rappresentasse per i cittadini un’opportunità di fare domande, ottenere risposte, e dibattere insieme, in maniera informata, dell’Onu che vorremmo, al posto di questa burocrazia malata (perché di troppa burocrazia ci si ammala) che macina montagne di soldi per partorire solo vecchi slogan, acronimi senza senso, inganni e delusioni.

Nei tempi cupi in cui viviamo, in cui molte gravi incognite incombono sull’umanità, è necessario e urgente che tutti noi, Cittadini e Popoli delle Nazioni Unite, ci impegniamo a diagnosticare con chiarezza il male «banale» che corrode non solo i grigi burocrati dell’ONU ma il mondo intero, mettendo a repentaglio la pace.

Conoscere la malattia, come primo passo verso la guarigione: altrimenti anche l’Onu finirà come già finì la Società delle Nazioni, morta per non avere saputo evitare al mondo la caduta dalla crisi morale, economica e sociale nel baratro del nazifascimo, dei totalitarismi e della seconda guerra mondiale.

Articolo Precedente

Attentato Boston, Congresso contro Fbi. Attentatore giudicato innocuo nel 2011

next
Articolo Successivo

Usa, cinque vittime in una sparatoria in Illinois. Si riaccende il dibattito sulle armi

next