Re Salomone? Certo che lo ricordo”, Umberto Bossi trattiene le parole. Si sforza. “Vediamo come va a Pontida”. In questi giorni non è andato a Roma, è rimasto nel suo ufficio in via Bellerio dove il via vai è tornato incessante. Molti di quelli che gli avevano girato le spalle saltando sul carro di Roberto Maroni, fanno la fila, telefonano: vogliono rivedere il Capo. Daniela Cantamessa, storica e fidata segretaria del Senatùr prova a gestire il flusso. Perché l’11 marzo, quando Maroni è stato confermato capo del partito nonostante avesse più volte annunciato le sue dimissioni, Bossi ha capito di essere stato messo in soffitta e ha deciso di fondare un nuovo movimento politico.

L’ex senatore Giuseppe Leoni è già andato dal notaio per l’atto fondativo, i documenti sono pronti. Nessuno lo dice apertamente, ma tra le file dei bossiani la notizia è più che nota. “Aspettiamo Pontida, poi si vedrà ma certo a forza di epurare, è ovvio che si arriverà a creare un contenitore politico”, ammette Leoni. Che aggiunge: “Del resto, bisogna vedere se la strategia del segretario è azzerare il partito, la politica si fa tirando dentro mica cacciando tutti”.

E le epurazioni della Lega maroniana sono solo all’inizio. Marco Desiderati, unico bossiano presente nel consiglio federale, sarà una delle prossime vittime. Mentre l’ex capogruppo Marco Reguzzoni, ora semplice militante, è già stato scomunicato e poi “graziato” da Matteo Salvini e dall’intervento, fra gli altri, di Luca Zaia. Il 7 aprile saranno tutti sul sacro pratone di Pontida su cui il “popolo padano” non mette piede dal 19 giugno 2011. E se allora ad accogliere Maroni c’era uno striscione che lo indicava “Presidente del Consiglio subito” questa volta ne troverà di ben altri toni. I bossiani promettono infatti dure contestazioni. In meno di un anno, dicono, non ha mantenuto nessun impegno e si è dimostrato incapace di guidare il partito. “Berlusconi prima e Monti poi: erano il diavolo e ora sono nostri imprescindibili alleati e amiconi”, si lamentano su Facebook sempre un maggior numero di militanti.

I più attivi nella protesta sono gli ex: Reguzzoni, Monica Rizzi, Flavio Tremolada, Alberto Torazzi, Max Parisi e persino l’ex direttore della Padania, Stefania Piazza, che battibecca con Aurora Lussana che l’ha sostituita. Tutti vittime delle ramazze maroniane. Ma anche l’unico forum ancora in vita dei giovani padani ha cominciato a criticare l’operato dell’ex titolare del Viminale. Lo stesso forum che ne sostenne l’avanzata. I post sono identici a quelli di allora: “Basta alleanza con Berlusconi”, è il più ripetuto. Ma “l’alleanza serve perché Maroni ha paura del voto”, come dice Reguzzoni. “Maroni ha puntato tutto sulla Lombardia e ha pure detto che non sa e non gli interessa cosa succederà a Roma. Adesso che pensa di fare? La moneta padana? La banca padana? La sanità padana? Le macroregioni? Chiederà di uscire dall’euro? Tutte cagate senza capo né coda, ci aspettano 5 anni di nulla cosmico”. E via così, con moltissimi che scrivono la loro delusione e di aver stracciato la tessera perché “almeno Bossi i maroni li aveva”.

Al Senatur da settimane riportano i malumori. Lui freme, si trattiene. Ma quando il 15 marzo si è presentato a Montecitorio ha sbottato: “Maroni da sei mesi dice ‘mi dimetto’ poi, all’ultimo momento, si è accorto di avere il culo molto più largo, per poter stare su molte poltrone”. E ancora: “La Lega è in subbuglio, perché è sempre stata abituata ad avere un segretario che mantiene la parola. Bisogna sempre mantenere la parola”. I fedelissimi di ortodossia bossiana hanno letto in quello sfogo il via libera alla rivolta contro l’ex titolare del Viminale. La convocazione di Pontida ha raffreddato di nuovo il vecchio Capo. “Aspettiamo Pontida e poi vediamo”, ripete a quanti lo spronano. Il padre della Lega sa di non potersi riprendere il suo partito. Lo sa da quando è stato costretto a lasciarlo nelle mani di Maroni il 1° luglio 2012 ad Assago, il giorno dell’incoronazione di Bobo da Varese.

Costretto dalle inchieste sull’uso allegro dei fondi da parte dell’allora tesoriere Francesco Belsito. Bossi dal palco si scusò, pianse e lasciò la sua creatura. “Ho fatto come Salomone, non ho voluto tagliare in due la Lega”, disse dal palco citando la Bibbia. Salomone, dovendo decidere a chi affidare un bambino reclamato da due donne, ordina di tagliarlo a metà. Per salvarlo, una delle donne rinuncia e Salomone decide di lasciarlo a lei, “la madre vera. Questo ho fatto io: non ho voluto tagliare a metà il bambino”. Maroni, in meno di un anno, l’ha già diviso in due.

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