L’ultimo regalo del Governo Monti che se ne va in “gloria” (si fa per dire).

Ma prima regala ai cittadini italiani un’ultima chicca.

La possibilità che i servizi di sicurezza italiani possano conoscere tutti i dati e le informazioni dei cittadini italiani connessi ad internet (e non solo).

Voi direte, non è possibile!

E invece sì.

È stato pubblicato infatti sulla “Gazzetta Ufficiale” del 19 marzo 2013 n. 66, il decreto del presidente del Consiglio dei ministri 24 gennaio 2013 “Direttiva recante indirizzi per la protezione cibernetica e la sicurezza informatica nazionale”. 

Il decreto, controfirmato da mezzo Governo, tra cui anche il ministro della Giustizia, definisce “l’architettura istituzionale deputata alla tutela della sicurezza nazionale relativamente alle infrastrutture critiche materiali e immateriali, con particolare riguardo alla protezione cibernetica e alla sicurezza informatica nazionali, indicando a tal fine i compiti affidati a ciascuna componente ed i meccanismi e le procedure da seguire ai fini della riduzione della vulnerabilità, della prevenzione dei rischi, della risposta tempestiva alle aggressioni e del ripristino immediato della funzionalità dei sistemi in caso di crisi”.

E sin qui potrebbe anche andare bene, l’intento generale appare lodevole, proteggere i nostri sistemi informatici nazionali da aggressioni elettroniche.

Qualcosa però per il cittadino italiano non torna.

La norma prevede, tra le altre cose anche un principio assolutamente inedito per il nostro ordinamento.

L’art. 11 del decreto infatti obbliga gli operatori di telecomunicazioni e gli internet service provider, ma non solo, anche ad esempio a chi gestisce gli aeroporti, le dighe, i servizi energetici, i trasporti, a dare accesso ai servizi di sicurezza alle proprie banche dati, per finalità non meglio  specificate “di sicurezza”.

In pratica gli operatori privati, ma anche le concessionarie pubbliche, dovranno spalancare le porte ai servizi di sicurezza sulle proprie banche dati, contenenti i nominativi dei cittadini italiani,e, si presume anche alle azioni compiute da questi ultimi, al di fuori di un intervento della Magistratura.

Tutti i cittadini saranno cosi a rischio schedatura, senza che su tale schedatura ci sia un sostanziale controllo da parte di alcuno.

Quello che appare precluso alla Magistratura, che deve adottare precise norme procedurali per avere determinate informazioni, viene concesso ai servizi di sicurezza.

Cosi, “all’impronta”.

E chi potrà valutare cosa debbano sapere i servizi su di noi o perché le ricerche siano state fatte?

Nessuno.

E la privacy?

“L’è morta” si potrebbe dire parafrasando la famosa canzone della resistenza (o militare, secondo alcuni).

Il cittadino comune  infatti non troverà alcun riferimento nella norma al Garante privacy o, al codice della privacy, a qualcosa insomma in grado di fornire al cittadino un riparo da queste occhiate che potrebbero essere indiscrete.

Non resta che ringraziare il Governo uscente (se uscirà),  di questo ulteriore potenziale vulnus alla libertà ed alla riservatezza dei cittadini italiani.

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