Manca un anno esatto all’inizio della 22esima edizione dei Giochi Olimpici Invernali, che cominceranno il 7 febbraio 2014 a Sochi, città della Russia meridionale che si affaccia sul Mar Nero. E i costi per la costruzione degli impianti, i servizi di ospitalità e il potenziamento dei servizi di telecomunicazione e delle infrastrutture, sono già lievitati fino all’astronomica cifra di 50 miliardi di dollari, che ne fanno l’Olimpiade più costosa della storia. Più di Pechino 2008, con costi stimati tra i 15 e i 40 miliardi di dollari. Più di Londra 2012, dove il governo britannico ha dichiarato di aver speso 21 miliardi di dollari ma alcuni studi hanno quantificato una spesa più che doppia. Qui però non si gioca al ribasso, non c’è necessità di giustificare le spese, anzi. Le Olimpiadi di Sochi 2014 sono il progetto personale del presidente Putin, intenzionato a mostrare i muscoli al resto del mondo e a presentare la sua Russia come super potenza prospera e rigogliosa.

Quella che una volta era una cittadina balneare adibita al riposo per gli alti gradi del Politburo sovietico, nonostante il clima subtropicale, è stata trasformata in una moderna stazione sciistica sfruttando le montagne che la coprono alle spalle. Tutto è stato ridisegnato e costruito da zero, dal nuovo aeroporto alle strade, dal villaggio olimpico al media centre, dagli impianti alle piste da discesa e da fondo. Basti pensare che sono stati srotolati oltre 700 chilometri di fibra ottica, e che il servizio wi-fi è talmente potente che potrà essere usato facilmente anche sopra i 2000 metri. Il budget presentato nel 2007, al momento dell’assegnazione che l’ha vista prevalere su Austria e Corea del Sud, è quintuplicato fino ai 50 miliardi attuali: 25 volte tanto quello che ha speso Vancouver per le Olimpiadi Invernali del 2010. Ma Putin vuole che Sochi sia il gioiello della sua ‘nuova’ Russia, il suo lascito più clamoroso. Finiti i Giochi, la città ospiterà ogni anno una tappa del GP di Formula 1.

I soldi sono arrivati per metà da investitori privati, le compagnie privatizzate gestite dagli oligarchi vicini al presidente, e per metà dalle casse dello Stato, anche attraverso lo svuotamento dei forzieri delle compagnie statali. Basti pensare che lo sponsor principale della manifestazione è Rosneft, compagnia di estrazione e raffinazione del greggio che nei primi anni del secolo si è impadronita della Youkos dell’oligarca Khodorkovsky, uno di quelli che Putin tiene al sicuro in prigione. Non mancano, ovviamente, diverse accuse di corruzione nell’assegnazione degli appalti, gestiti dalla Olimpstroi, una società pubblica creata per l’occasione. Ma queste non sono le uniche problematiche: anche il mancato rispetto dei diritti umani in Russia non è uno scherzo. Si va dall’omofobia diffusa anche per legge, che impedirà alla carovana dell’orgoglio LGTB di essere presente, come lo è in ogni altra manifestazione sportiva internazionale, fino alla questione delle minoranze etniche.

Sulle montagne del Caucaso che circondano Sochi vivono anche gli ultimi discendenti dei circassi, popolazione sterminata nel XIX secolo dalla Russia zarista, che ancora non ha ancora visto riconosciuto il loro genocidio dallo stato. Alcuni dei residenti hanno creato i comitati No Sochi 2014, per fare conoscere al mondo i continui soprusi che ancora oggi subiscono da parte di uno stato che ne razzia le materie prime: dal petrolio agli alberi delle immense foreste. La zona sarebbe anche parte di una biosfera protetta dall’Unesco, ma il Comitato Olimpico Internazionale, ingolosito dal tintinnare dei rubli, nel 2007 ha approvato senza battere ciglio la cementificazione proposta dal comitato russo, che prevede la costruzione già avvenuta di una centrale idroelettrica e del devastante trasporto su alta velocità.

Senza dimenticare che sono gli stessi monti dell’Abcasia, del Dagestan e della Cecenia, dove la guerra è all’ordine del giorno e la pulizia etnica il modo più veloce di risolvere la questione. Per questo quelle di Sochi 2014, oltre ad essere le Olimpiadi più costose della storia, vedranno una militarizzazione del territorio senza precedenti. Dagli scenari londinesi del territorio urbano ridisegnato come fosse sotto attacco, a quelli del territorio aperto caucasico già riempito di militari, i Giochi Olimpici somigliano sempre più a una simulazione di guerra per lo spettatore esterno, e a uno ‘stato d’eccezione’ di sospensione del diritto per chi ha la sventura di vivere in quei luoghi.

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