Il nuovo Senato non potrà contare su nessun eletto 5 Stelle di Milano. Perché a Palazzo Madama, dove sono stati dirottati gli over 40 scelti con le Parlamentarie online con un sistema a tripla preferenza, i candidati di Milano e Bergamo non sono in posizioni eleggibili. E parliamo di due province che equivalgono a 4,5 milioni di persone. Un esito che chi è dentro al Movimento giustifica con la pletora di candidati del capoluogo di regione che ha portato a una dispersione di voti, anche se alcuni militanti sui meetup mettono in guardia dall’esistenza di potenziali ‘cordate’, scongiurate alla vigilia delle votazioni dallo stesso Grillo

La lista per il Senato è stata costruita alternando i candidati delle tre circoscrizioni Lombardia 1 (Milano e Monza-Brianza), Lombardia 2 (Bergamo, Brescia, Lecco, Sondrio, Varese e Como) e Lombardia 3 (Cremona, Lodi, Mantova e Pavia). Eppure nella prima circoscrizione emerge un elemento interessante. I candidati di Monza infatti hanno superato in blocco, visto che le preferenze erano tre, quelli della ben più popolosa provincia di Milano, i cui voti si sono spalmati su più candidati. E anche Bergamo rimane fuori dalle liste Roberto Tamagna è stato sorpassato da due candidate varesine. In sostanza la prima candidata di Milano, Paola Bernetti, è al decimo posto e il primo candidato bergamasco Roberto Tamagna finisce all’11esimo. In sostanza non saranno mai eletti. E così Milano, tra le principali città d’Italia, non avrà senatori M5S.  

Risultati che non violano alcuna regola ma che a Mauro Suttora, simpatizzante del Movimento, fanno pensare all’ipotesi di una ‘cordata’. “E’ uno dei rischi della preferenza multipla che nel ’91 ha portato alla reitroduzione della preferenza unica nei referendum visto che, in particolare al sud, si traduceva nella formazione di cordate”. Per Suttora, che ha sollevato il dibattito anche sul meetup del Movimento, “Monza temeva di scomparire a fronte di Milano, che era nella stessa circoscrizione. Se a Monza si sono ‘organizzati’, non è stato così per il capoluogo”. Tutte dietrologie? “E’ possibile, anche se due candidati di Monza e provincia, Monica Casaletto e Bruno Marton, finiti alla quarta e settima posizione al Senato, hanno ottenuto lo stesso numero di voti”. Curioso. “Chiaramente per verificare bisognerebbe che il voto non fosse segreto, ma la verità la conosce solo il pc di Casaleggio“.

Ad allontanare le ombre interviene però Vito Crimi, primo in Lombardia 2 e, dunque, secondo nome in lista al Senato che difende strenuamente anche la linea ‘anticordata’. Capire perché per Milano non ci sono candidati in posizioni eleggibili al Senato è semplice. Nel capoluogo e in provincia ce n’erano ben 59, contro i 4 di Monza. Quindi è logico che nel primo caso i voti si siano dispersi – spiega a ilfattoquotidiano.it – e che al contrario nell’altro caso si siano concentrati su una scelta molto più ristretta. E abbiamo votato col sistema più trasparente possibile”. Ma in realtà i candidati della provincia di Monza erano ben 17. Inoltre a mettere in guardia da eventuali cordate era stato proprio Grillo: “Il voto è individuale – aveva scritto in un post – Dobbiamo evitare la replica delle congreghe partitiche su base locale create per favorire uno o più candidati a scapito di tutti gli altri. Chi cercherà di pilotare il voto sarà diffidato e escluso dalle votazioni, sia che si tratti di candidato che di votante. Ci vediamo in Parlamento. Sarà un piacere”. Anche se Milano non sarà realisticamente rappresentata da nessuno.

E oltre alle liste che tagliano fuori la città della Madunina, c’è anche chi lamenta una piccola parentopoli, visto che due candidate al Senato, Giovanna Mangili e Laura Bignami, sono consorti di consiglieri 5 Stelle di Cesano Maderno e Busto Arsizio.  Ma Crimi si schermisce e difende il movimento: “Sono tutte dietrologie. Non piazziamo nessuno, non siamo una parentopoli. Mangili e Bignami hanno portato a casa tanti voti e se li sono conquistati con le loro forze. Non parliamo delle compagne di politici di primo piano, ma di consiglieri comunali. Dobbiamo scandalizzarci o rallegrarci nel sapere che un’intera famiglia è coinvolta nel movimento? Queste illazioni mi sembrano davvero inutili”. Una posizione condivisa anche da Diana, attivista, che racconta: “Stare nei 5 Stelle spesso provoca un ‘contagio’ familiare. Ed è il caso delle due candidate compagne di consiglieri, che si sono fatte conoscere sul territorio non perché ‘mogli di’, ma perché attive e impegnate”. 

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