“Molto pink e molto green”. Il motivo del ricorso alla lingua inglese mi è ignoto (basta con questi anglicismi sempre e comunque!), ma la cosiddetta “agenda” messa a punto dall’ormai ex premier, Mario Monti, almeno nelle intenzioni, sembra essere variopinta. Colorata sia di verde, a indicare l’occhio di riguardo verso le tematiche ambientali, sia di rosa, a sottolineare la necessità di valorizzare il ruolo delle donne. “Per la crescita, per l’equità, per lo sviluppo – ha spiegato Monti alla conferenza stampa del 23 dicembre per la presentazione dell’agenda – ci vuole un salto di qualità nel modo in cui vediamo la donna nella società italiana”.

Parole che non si possono che condividere anche se è ancora tanta la strada da percorrere per incentivare e semplificare il lavoro femminile, senza bisogno di guardare ai vertici. Per questo Monti ha perfettamente ragione quando afferma che, in generale, bisogna fare un salto di qualità nel modo in cui si guarda alla donna nella società. E, probabilmente, anche nel modo in cui la donna guarda a se stessa.

A detta dei più, la persona chiave del governo Monti è stata l’ex ministra del Lavoro, Elsa Fornero, che negli ultimi 12 mesi è riuscita a far parlare di sé quasi senza sosta. Fornero (guai a mettere l’articolo femminile davanti al cognome, come lei stessa ha puntualizzato) ha attratto le luci della ribalta fin dal 4 dicembre 2011, quando, nel presentare i dettagli della sua riforma pensionistica, si sciolse in lacrime nel pronunciare la parola “sacrifici”.

Da lì in poi è stato un crescendo di frasi ed episodi che hanno suscitato più polemiche che altro. Si passa da quell’invito ai giovani, con la disoccupazione alle stelle, a non essere “choosy”, ossia schizzinosi, nella ricerca del lavoro. E si procede con gli attacchi ai giornalisti, sgraditi agli eventi poiché rei di “fare il titolo” degli articoli sulla base di un’unica parola. Cosa che può anche essere vera, sia chiaro, ma è innegabile che Fornero in tutti questi mesi si sia impegnata per fornire materiale prezioso per titoli accattivanti. Da ultimo, il 21 dicembre, alla Camera, quel gesto di tapparsi le orecchie per non sentire le critiche del leghista Massimo Bitonci.

Le stesse riforme delle pensioni e del lavoro firmate Fornero, poi, sono state al centro di una miriade di polemiche. Si pensi, ad esempio, al problema degli “esodati”, coloro che avendo lasciato il lavoro sulla base delle vecchie norme si sono ritrovati col cerino in mano: niente occupazione e niente pensione. Certo, a Fornero va il merito di avere messo mano là dove pochi, almeno negli ultimi anni, avevano osato. Ed è vero che a un esecutivo di tecnici si chiede proprio questo, e cioè di “fare il lavoro sporco”, quello che i politici non riescono a fare per paura di perdere consensi, ma è anche vero che altri ministri del governo Monti non hanno combinato nulla o quasi. Ma non basta, perché un po’ di umiltà in più e la pazienza di contare fino a dieci prima di parlare avrebbero forse permesso di scongiurare una delle principali obiezioni che ora si muovono alle quote rosa: “Certo che se poi le donne che salgono al potere sono come la Fornero…”.

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