Sono già più di cento, dall’inizio dell’anno, le donne uccise in Italia per mano di un uomo che quasi sempre è il partner o un ex o un parente. Quasi una ogni due giorni. Lo chiamano femminicidio, la parola non è bella ma rende l’idea: uccidere una donna proprio perché donna, e in quanto tale considerata di proprietà dell’uomo che ha diritto di scelta su come e quanto deve vivere la compagna, la figlia, la sorella, la cui unica colpa è di aver voluto sottrarsi a questa tirannia. Per questo reato Giulia Bongiorno e Mara Carfagna chiedono, in una proposta di legge, la pena dell’ergastolo.

L’argomento è di grande attualità, non solo per i continui episodi di cronaca ma anche perché domenica si celebra la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Anche il ministro Elsa Fornero, che ha la delega alle Pari opportunità, ieri ha ammesso che essere donna in Italia è un ostacolo oggettivo e che verso le donne “c’è un accanimento particolare” e ha auspicato che il Parlamento ratifichi al più presto la Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne.

“Non chiamateli raptus di follia – ha pregato la Bongiorno, presidente della Commissione giustizia della Camera, sua l’iniziativa della proposta di legge – mi rendo conto che se li consideriamo gesti folli siamo tutti più tranquilli, ma non è così. Questa violenza nasce da un atteggiamento discriminatorio degli uomini verso le donne: c’è un diffuso maschilismo, gli uomini pensano di aver diritto a decidere della vita delle donne”. Dunque, alla base di tutta questa violenza nei confronti delle donne c’è una questione culturale e solo un profondo cambiamento potrebbe combattere il fenomeno in modo efficace e duraturo, ma i continui episodi riportati dalla cronaca impongono misure normative.

Ecco dunque la proposta elaborata dalla parlamentare finiana, che ha incontrato subito l’adesione della collega del Pdl Carfagna, seconda firmataria. Si propone innanzitutto di introdurre una specifica aggravante nell’articolo 576 del Codice penale (cioè le aggravanti previste per l’omicidio), per punire con il carcere a vita chiunque uccida “in reazione a un’offesa all’onore proprio o della famiglia di appartenenza o a causa della supposta violazione, da parte della vittima, di norme o costumi culturali, religiosi o sociali ovvero di tradizioni proprie della comunità d’origine”. Vengono subito alla mente il caso di Hina, ragazza pakistana uccisa in Italia dai parenti come punizione per non volersi adeguare agli usi tradizionali della cultura d’origine o di Sanaa, sgozzata dal padre in quanto colpevole di avere un fidanzato italiano.

Altra aggravante per quale è previsto l’ergastolo è quando l’omicidio è preceduto da anni di maltrattamenti. La proposta vuole poi estendere queste aggravanti alle convivenze more uxorio e prevede una pena da 24 a 30 anni per chi commette il reato nei confronti di un minore di anni 10 o in sua presenza.

Infine, viene introdotta una nuova figura di reato, il “matrimonio forzato“, punendo con il carcere da uno a cinque anni chi costringe o induce con la violenza o minaccia a contrarre matrimonio contro la sua volontà. Stessa pena per chi attira con l’inganno una persona residente in un altro Stato allo scopo di costringerla a sposarsi. In ogni caso, il matrimonio così contratto verrebbe considerato nullo ai sensi della legge italiana.

Le promotrici si rendono conto che ormai la legislatura è agli sgoccioli e il tempo è poco, ma non disperano: “Ho visto a volte miracoli, in poche settimane legge prendere forma e diventare priorità, altre leggi invece scomparire. Siccome la violenza sulle donne è un’emergenza nazionale, se ci sarà il supporto dei parlamentari io non escludo anche di poter riuscire a vedere approvata questa legge” ha detto Bongiorno. E già arrivano i primi sostegni: da Barbara Saltamartini, vice presidente del gruppo Pdl alla Camera e da Laura Puppato, unica donna candidata alle primarie del centrosinistra, che non può sottoscrivere perché non è parlamentare ma invita le parlamentari democratiche a farlo. Alla Puppato risponde però la senatrice del Pd Anna Serafini: “Siamo in attesa di questo testo, come di altri che potranno essere presentati da altri gruppi, per poterci confrontare a partire dalla nostra proposta di legge, depositata come parlamentari del Pd, già il 4 luglio scorso – spiega – Il nostro testo, in questi mesi ha viaggiato anche per ricevere i contributi di tante donne e uomini e ha incontrato in molti eventi pubblici le maggiori associazioni che si battono contro il femminicidio. Durante questo percorso non è mancato mai l’incoraggiamento del segretario del Pd Pierluigi Bersani per procedere con determinazione in questa battaglia per la libertà delle donne”.

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