La stampa e la comunità scientifica internazionale mostrano sorpresa e incredulità per la sentenza che ha condannato gli esperti della Commissione Grandi Rischi in relazione al tragico terremoto de L’Aquila. “Ma come? – si sente ripetere da più parti – in un Paese nel quale nessuno è mai responsabile di nulla, mandate in galera validi scienziati per non aver saputo prevedere un terremoto? E’ una sentenza ingiusta, i terremoti non si possono prevedere; la colpa semmai è della politica che ha organizzato un’operazione mediatica per mandare un messaggio tranquillizzante…”. C’è chi, con sprezzo del ridicolo, scomoda Galileo. E chi sente il dovere di difendere il ruolo della “scienza”, come Odifreddi: : “La ragione, o anche solo il buon senso, dovrebbero portare a ringraziare gli scienziati per ciò che sanno e riescono a fare, e non a condannarli per ciò che non sanno e non possono fare: come le previsioni dei terremoti gli esperti sono responsabili dei pareri che hanno dato. Non sono responsabili dei suggerimenti che la protezione civile ha ritenuto di dover dare alla popolazione, in seguito a questi pareri”.

Vero. Ma c’è qualcosa che non torna in questa storia. E non serve scomodare Galileo, o il ruolo degli scienziati. Si tratta di una storia molto italiana, in fondo.

Il 31 marzo 2009, alle ore 18.30, si riunisce a L’Aquila la Commissione Grandi Rischi. Una riunione molto importante e delicata: la zona è da mesi soggetta a fenomeni sismici rilevanti, culminati con la scossa di magnitudo 4.0 avvenuta il giorno precedente, 30 marzo. Il giorno dopo quella riunione, sul sito della Protezione Civile compare il seguente comunicato: “Nel pomeriggio di ieri si è riunita a L’Aquila, nella sede della Regione Abruzzo, la Commissione Nazionale per la Previsione e la Prevenzione dei Grandi Rischi. Scopo dell’incontro è stato fornire ai cittadini tutte le informazioni disponibili alla comunità scientifica sull’attività sismica delle ultime settimane in Abruzzo: attività che viene costantemente monitorata, pur non essendoci nessun allarme in corso”. Messaggio breve e tranquillizzante.

Facciamo un passo indietro. Torniamo alla famosa riunione della Commissione Grandi Rischi del 31 marzo 2009.

Come riporta Il Fatto Quotidiano, quella delicata riunione dei massimi esperti scientifici si conclude incredibilmente senza che venga redatto alcun verbale: il documento attestante le conclusioni di quella riunione viene infatti prodotto e firmato in occasione di una successiva riunione della Commissione Grandi Rischi a L’Aquila avvenuta in data 6 aprile, poche ore dopo il terremoto che ha sconvolto la città e ucciso centinaia di persone. “Qualcuno corregge il testo alla meno peggio e Dolce (Mauro Dolce, capo Ufficio rischio sismico della Protezione Civile, ndr) ce lo fa firmare per ragioni interne”.

Quali ragioni interne? Chi denuncia un fatto tanto grave? Si tratta di Enzo Boschi, fisico, Presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, componente della Commissione Grandi Rischi. Boschi non si rivolge subito e direttamente all’autorità giudiziaria, preferendo indirizzare questa comunicazione ai vertici della Protezione Civile, Zamberletti e Barberi, sei mesi dopo i fatti.

Ma cosa viene riportato nel famoso verbale di quella riunione. Niente di sconvolgente, in apparenza. Da un lato si afferma l’inattendibilità delle misurazioni del gas radon ai fini previsionali di eventi sismici (per zittire le polemiche di un tecnico laureato, Giampaolo Giuliani, che non fa parte della Commissione Grandi Rischi e che continua a lanciare allarmi: la notte del 6 aprile, Giuliani posta la sua famiglia fuori casa, in auto, al sicuro, in attesa della scossa, che arriva); dall’altro, la conclusione è lapidaria: “Oggi non ci sono strumenti per fare previsioni e qualunque previsione non ha fondamento scientifico. Il problema va, invece, visto nei termini generali, perché l’unica difesa dai terremoti consiste nel rafforzare le costruzioni e migliorare la loro capacità di resistere al terremoto. Tutti i componenti della Commissione concordano con questa valutazione”.

Congratulazioni. E c’era bisogno di una Commissione di esperti in Grandi Rischi per produrre questo? Uno studente di ingegneria o architettura al primo anno poteva bastare.

Enzo Boschi, comprensibilmente sconvolto dalla sentenza, oggi dichiara: “I sismologi sono l’anello debole. Il numero delle vittime di un terremoto è proporzionale al livello di corruzione di ogni Paese, è scientificamente provato”.

E se ne accorge adesso? Non sapeva con chi aveva a che fare, lui e i suoi colleghi scienziati, fino a ieri?

Perché si dimettono tutti solo dopo la sentenza di condanna e non tre anni fa, quando parteciparono a una riunione delicata e importante, alla vigilia della distruttiva scossa magnitudo 6.3, conclusasi con una verbalizzazione firmata sette giorni dopo, a terremoto avvenuto, “per ragioni interne”?

Certo, l’esperto/scienziato rischia di essere l’anello debole di una catena al vertice della quale vi è il decisore politico e, spesso, l’inconfessabile intreccio affari/politica. Ma l’esperto/scienziato non è obbligato ad accettare o mantenere prestigiosi e ben retribuiti incarichi, se si accorge che qualcosa non funziona.

Anche questo è scientificamente provato, in questa amara storia tutta italiana…

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