A vederlo controluce sembra un percorso pieno di saliscendi (anzi, più di salite che di discese). Però il governo è davvero intenzionato a prendere e scontornare con decisione le modifiche del Titolo V della Costituzione votate nel 2000 dalla maggioranza di centrosinistra in Parlamento e poi confermate da un referendum popolare l’anno successivo. Quella che dieci anni fa, più per moda che per altro, si chiamava devolution (con tanta parte di competenze delegata alle Regioni) finisce sotto il bisturi dell’esecutivo tecnico. Gli scandali e gli sperperi hanno dato l’iniezione di coraggio sufficiente a mettere le mani dei ministri non solo nei portafogli (per alleggerirli), ma anche nella cassetta degli arnesi. Basta con le Regioni che si muovono come “Stati autonomi“, ora dovranno restare legate alle redini dello Stato centrale.

Oggi il presidente Mario Monti ha portato la questione in Consiglio dei ministri. Secondo il testo che è entrato in riunione porti, aeroporti, energia e turismo tornano sotto l’esclusiva competenza dello Stato, mentre scuola e sanità rimangono materie concorrenti. Mentre sui bilanci delle regioni c’è anche il controllo della Corte dei Conti.

Passano dalla legislazione concorrente a quella esclusivo dello Stato anche “l’armonizzazione dei bilanci pubblici” e il “coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario”. Vengono attribuite poi alla competenza esclusiva dello Stato anche le “norme generali sul procedimento amministrativo, livelli minimi generali di semplificazione amministrativa, disciplina giuridica del lavoro alle dipendenze” della Pubblica amministrazione.  Saranno di competenza esclusiva dello Stato non solo le funzioni fondamentali, ma anche “la disciplina generale” di Comuni, Province e città metropolitane diventa competenza esclusiva dello Stato. Nella relazione si ritiene “opportuna la specificazione anche in relazione al tema del dimensionamento degli enti territoriali”.

Inoltre in futuro la Conferenza Stato-Regioni avrà il rango di organismo costituzionale, secondo il disegno di legge su cui sta lavorando il governo. Una modifica ha lo scopo di agevolare lo svolgimento coordinato dell’attività legislativa, regolamentare e amministrativa dello Stato, ma anche delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano. Peraltro il testo prevede che, al fine di abbassare il livello dei contenziosi, non possa essere investita la Corte Costituzionale (dallo Stato, dalle Regioni e dalle Province autonome) su questioni di legittimità costituzionale quando in Conferenza Stato-Regioni si ottenga un’intesa o un parere favorevole su un atto avente o meno carattere legislativo.

La chiave di tutto sta, pare di capire, nell’introduzione della formula di “preminenza/salvaguardia” che affida allo Stato, a prescindere dalla ripartizione delle competenze legislative con le Regioni, il compito di garante dei diritti costituzionali e dell’unità della Repubblica.

Un provvedimento che tocca nel vivo anche le Regioni a Statuto speciale: dovranno attenersi al principio dell’equilibrio di bilancio e al patto di stabilità. Secondo il disegno di legge, pur nel rispetto dell’autonomia prevista costituzionalmente, “in materia finanziaria l’autonomia si svolge nel rispetto dell’equilibrio dei bilanci e concorrendo con lo Stato e gli altri enti territoriali ad assicurare l’osservanza dei vincoli economici dei vincoli” derivanti dall’ordinamento Ue.

Infine nessuna competenza alle Regioni in materia di rapporti internazionali e comunitari. La riforma del titolo V che attribuisce alla legislazione “esclusiva” dello Stato l’intera materia, sopprimendo la corrispondente, attuale, materia di legislazione “concorrente”.

Palazzo Chigi, quando il governo alcune sere fa ha presentato il decreto “anti Casta” con il quale faceva a fette milioni di euro e decine di poltrone in tutta Italia, in una nota aveva già ben posizionato i mortai: “Seguiranno presto altri provvedimenti che comporteranno una proposta di revisione della ripartizione delle competenze tra Stato e Regioni al fine di assicurare un assetto razionale ed efficiente, con l’eliminazione di sovrapposizioni e duplicazioni burocratiche e chiameranno regioni ed enti locali a concorrere agli obiettivi di finanza pubblica, al consolidamento dei conti e al rispetto del pareggio di bilancio”. Parole che non lasciavano molto margine d’azione. 

Più salite che discese, si diceva, però: come si sa, alle leggi costituzionali servono un doppio passaggio in Parlamento e la maggioranza qualificata (cioè due terzi dei voti). “Dato il breve spazio di legislatura ancora a disposizione – si legge nella relazione che accompagna il disegno di legge, citata da Repubblica di oggi – l’obiettivo è quello di apportare modifiche quantitativamente limitate, ma significative dal punto di vista della regolazione dei rapporti tra lo Stato e le Regioni”. 

Formigoni: “Il governo vuole cancellare le Regioni: si sbaglia” – Sulla riforma dell’articolo V è intervenuto duramente il governatore della Regione Lombardia Roberto Formigoni. “Questo governo prima ha affamato i Comuni, poi ha cancellato le Province, adesso vuole cancellare le Regioni: si sbaglia”, ha detto. L’esecutivo, ha aggiunto, “ci viene a dire che il regno del bene è lo Stato, che il centralismo e lo statalismo sono la salvezza dell’Italia: si sbaglia, l’Italia è fatta di autonomie anzitutto e neanche un governo tecnico può permettersi di distruggere questa identità storica”.

Errani: “Modifica a Titolo V non con un decreto – Contrario alla modifica via dl il presidente della regione Emilia Romagna.  “E’ giusto realizzare in maniera organica una riforma della seconda parte della Costituzione – ha detto Vasco Errani – ma l’intervento deve essere fatto in maniera organica e non, invece, mettendo mano a vari pezzi particolari”.

Zaia: “Il governo ci riporta al Medioevo” – ”Con questo provvedimento il Governo firma definitivamente la sua posizione centralista e statalista: approfitta di qualche cialtronaggine per fare di tuta l’erba un fascio”. Il governatore del Veneto, Luca Zaia, commenta così l’iniziativa del Governo di modificare il Titolo V della Costituzione. “La verità – afferma – è che se cedessero tutte le materie alle Regioni, come dovrebbero fare, poi chiuderebbero gli uffici a Roma e non si è mai visto un cappone che si organizza il pranzo di Natale. In più in questo modo si va contro tutti i dettami della modernità che parlano di decentramento amministrativo”.

Per Zaia questo atto, “oltre a rappresentare un nuovo neocentralismo, evidenzia come il Governo non ha avuto il coraggio di applicare i costi standard, che avrebbero mandato in default le Regioni sprecone. Così riportano tutti al Medioevo”. Per il governatore del Veneto l’esecutivo “è anche contraddittorio: se è convinto che le Regioni sono inutili, le cancelli non le depotenzi; così non si risolve nulla, è una contraddizione”. Infine, secondo Zaia, “il governo approfitta degli scandali: si sono attribuite 307 auto blu ad una Regione che ne aveva 7 e che da tempo non ne ha più e 61 sedi all’estero a questa Regione che non ne ha”. 

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