Alla fine ha dovuto cedere sotto il peso di quella frase insostenibile: “Non sapevo nulla”. La linea Maginot di Renata Polverini è venuta giù ieri sera alle 8, ma i primi scricchiolii sono cominciati prima. Nel pomeriggio di ieri in Consiglio regionale passavano di mano in mano le fotocopie di due documenti che inchiodavano il presidente e il suo staff. Sono le determinazioni della Giunta regionale del 28 marzo e del 21 dicembre del 2011 nelle quali la Giunta impegna 5,4 milioni di euro sul capitolo di spesa R11502, cioè il fondo al quale possono attingere a piene mani i gruppi consiliari dei partiti, in testa quello che era guidato da Franco Fiorito, il Pdl. In quegli atti c’è la prova che lo staff del presidente Polverini ha avuto un ruolo decisivo nel procedimento che ha dirottato una parte sostanziosa del gran calderone dei 97 milioni stanziati dalla Giunta per tutta l’attività pubblica del Consiglio Regionale alla mangiatoia privata dei partiti.

Le determinazioni che hanno permesso a Fiorito e colleghi di destinare altri 5,4 milioni a cene, feste, ostriche e viaggi, infatti, non sono firmate dal presidente del Consiglio regionale o da un suo burocrate, ma da quello che è considerato il braccio destro di Renata Polverini, il direttore generale del dipartimento Territorio, Luca Fegatelli. Se Fegatelli firmava gli atti che portano 5,4 milioni di euro in più nelle casse dei gruppi, come può il presidente del Lazio continuare a sostenere la sua totale ignoranza del problema?

QUESTA era la domanda alla quale se non si fosse dimessa avrebbe dovuto rispondere oggi Renata Polverini. La sua fine è cominciata però ben prima di ieri: il 17 settembre in Consiglio regionale quando la presidente è riuscita a mettere insieme il ricordo dell’alluvione di Firenze con la frase: “Sapevo che fossero tanti soldi, ma non sapevo come fossero ripartiti in Consiglio”. Un’ammissione di incompetenza che stonava con il richiamo all’assunzione di responsabilità quasi quanto l’abbronzatura Maya con il suo abitino bianco. La situazione è peggiorata il 20 settembre a Piazza Pulita, quando, incalzata da Corrado Formigli, ha tracciato nella sabbia il solco tra la ‘giunta pulita’ e il ‘consiglio fetente’: “Il consiglio è autonomo dalla Giunta, noi affidiamo in un capitolo unico quello che il Consiglio regionale ci chiede per il suo funzionamento e nel-l’ambito dell’Ufficio di presidenza (del consiglio) si decide come ripartire queste cose”.

A rendere poco credibile questa affermazione, oltre alle determinazioni del suo direttore generale, c’erano una serie di indizi. A partire dal suo passato. Renata Polverini è stata in grado di mentire nel 2002 persino al notaio per ottenere 19mila euro di agevolazioni per la sua prima casa, peccato che era la seconda, visto che – quando ha comprato l’appartamento dal Vaticano a prezzo di saldo – ne aveva da poco acquistato a prezzo scontato un altro dall’Inpdap. Quando il Fatto la smascherò nel 2010 sostenne anche allora una tesi traballante: era stato un disguido avvenuto “in una fase di avvicendamento dei suoi consulenti”. Peccato che la firma sull’atto era sua. Un errore, ripiegò, di cui “mi assumerei tutta la responsabilità”. Salvo poi non dare all’erario un euro anche perché in tv nessuno le poneva una domanda. Anzi, a Ballarò la interpellavano sull’evasione fiscale e sul problema della casa, senza arrossire.

Il passato però gioca a sfavore della credibilità su un secondo terreno: il rapporto con l’assessore al Bilancio Stefano Cetica, segretario dell’Ugl quando lei era vicesegretaria. Cetica le è stato al fianco per una dozzina di anni in un rapporto complesso di odio-amore grazie al quale Renata Polverini è divenuta prima vice di Cetica e poi l’ha sostituto con una staffetta alla segreteria. Basta tenere a mente la relazione Renata-Stefano e poi scorrere i resoconti stenografici del Consiglio in Internet per scoprire quanto fosse insostenibile la posizione del presidente del Lazio.

RENATA POLVERINI a Piazza Pulita è stata costretta a estendere l’incolpevole ignoranza a tutta la giunta, compreso il fedele Cetica. Purtroppo per lei però l’assessore partecipava alle riunioni con i membri della commissione bilancio nelle quali i capi dei gruppi di destra e sinistra, siglavano il patto oscuro per auto-assegnarsi somme crescenti fino ad arrivare ai 14 milioni di euro annui odierni. Ed è sempre l’assessore Cetica che il 14 dicembre scorso presenta nell’aula del Consiglio il suo bilancio di previsione per il 2012 nel quale è contenuto l’emendamento del presidente dell’assemblea Mario Abbruzzese che regala altri 2,5 milioni di euro ai gruppi, per la felicità di Franco Fiorito. Allegata alla proposta di bilancio di Cetica c’è un foglio che spiega dove saranno presi i soldi per lo scialo dei partiti: dal capitolo R11504 delle spese postali, telefoniche e generali spariscono 3,5 milioni di euro destinati a tre capitoli che profumano di “Casta. Oltre ai 2,5 milioni di euro destinati ai gruppi consiliari, mezzo milione va alle spese di rappresentanza del presidente del consiglio Mario Abbruzzese, quello che usa due autoblu e mezzo milione va al fondo omnibus per le ristrutturazioni e gli autisti, quelli che – secondo Fiorito – ritiravano l’auto a noleggio per il consigliere che voleva imboscarsi con la sua bella al Focarile. Ovviamente l’emendamento con lo spostamento è stato approvato a tempo di record dai consiglieri.

 

 

da il Fatto Quotidiano del 25 settembre 2012
ha collaborato Loredana Di Cesare 

Articolo Precedente

Le primarie tutt’altro che secondarie

next
Articolo Successivo

Se nemmeno le primarie sono un affare da donne!

next