Mercati ed economie mondiali instabili, Pil globale al ribasso e Vecchio Continente nella giusta direzione anche se è importante realizzare l’unione fiscale e bancaria. E soprattutto bisogna agire presto. Nonostante questo alcuni spread in Europa non sono giustificati dai fondamentali.

Nel suo aggiornamento estivo del rapporto World Economic Outlook, il Fondo monetario internazionale analizza le previsioni del prodotto interno lordo e delle economie su scala internazionale e sviluppa alcune considerazioni in merito al differenziale dei titoli di stato rispetto ai bund tedeschi. Per quanto riguarda l’Italia conferma le previsioni di aprile secondo cui il Pil italiano si contrarrà dell’1,9% quest’anno e dello 0,3% il prossimo. Promossi anche i conti pubblici: il deficit per il 2012 e il 2013, infatti, “continua a essere largamente in linea con le attese” e “l’aggiustamento fiscale” previsto “per i prossimi due anni consentirà al governo di ottenere un piccolo avanzo strutturale nel 2013”. Previsioni peggiori invece per il rapporto tra deficit e Pil che si attesterà al 2,6% quest’anno, con un peggioramento dello 0,2% rispetto alle stime di aprile e all’1,5% il prossimo, quando farà meglio dello 0,1% rispetto alle previsioni di primavera. Il dato aggiustato per il ciclo punta a un disavanzo dello 0,5% quest’anno e a un avanzo dello 0,7% il prossimo. Il rapporto tra debito e Pil dovrebbe invece attestarsi rispettivamente al 125,8 e al 126,4% e a pesare sono gli aiuti Efsf

L’Fmi lancia l’allarme e nell’aggiornamento delle sue stime sulla crescita invita le autorità politiche e monetarie a un’azione immediata per evitare il deterioramento del quadro economico. “La ripresa globale, giù tutt’altro che sostenuta dall’inizio – riferiscono i tecnici del Fondo- , ha mostrato negli ultimi tre mesi segni di ulteriore indebolimento”. In generale, l’organizzazione di Washington rivede leggermente al ribasso le previsioni pubblicate ad aprile: la crescita del Pil mondiale si fermerà al 3,5% quest’anno e al 3,9% il prossimo, rispettivamente lo 0,1% e lo 0,2% in meno rispetto a quanto pubblicato in primavera. Nel complesso, infatti, i rischi per la stabilità finanziaria sono aumentati. “Il tempo sta per finire, è ora di agire”, secondo Josè Vinals, responsabile del Dipartimento mercati del Fondo Monetario Internazionale e Carlo Cottarelli, responsabile del Fiscal Monitor dell’Fmi afferma però che “alcuni spread in Europa non sono giustificati dai fondamentali”.

Per il momento la revisione delle stime sul Pil nell’Eurozona è comunque limitata: invariata la contrazione dello 0,3% prevista per quest’anno, ridotta dello 0,2% allo 0,7% la crescita per il prossimo. A far da traino sarà la Germania che si vede alzare dello 0,4% all’1% la previsione di crescita per il 2012 e tagliare dello 0,1% all’1,4% quella per il 2013. Nel complesso le economie avanzate cresceranno dell’1,4% quest’anno (dato invariato rispetto ad aprile) e dell’1,9% il prossimo (-0,2%). Il risultato migliore sarà quello dell’economia statunitense il cui Pil dovrebbe segnare un incremento del 2% nel 2012 (-0,1%) e del 2,3% il prossimo (-0,1%). Peggio del previsto andranno le economie emergenti (Brics), destinate secondo il Fondo a crescere del 5,6% nel 2012 e del 5,9% nel 2013, con una riduzione pari rispettivamente allo 0,1 e allo 0,2%. Particolarmente pesante il taglio fissato per l’economia indiana: -0,7% in entrambi gli anni, per una crescita pari al 6,1% nel 2012 e al 6,5% nel 2013. Il Pil cinese salirà invece dell’8% (-0,2%) quest’anno e dell’8,5% (-0,3%) il prossimo.  

“L’accordo raggiunto al vertice dei leader europei è un passo nella giusta direzione” ma “ne servono altri, come mostra il recente peggioramento sui mercati del debito sovrano”. In particolare è necessaria l’unione fiscale e “la situazione nelle economie in crisi dell’Eurozona potrebbe rimanere precaria fino a quando non saranno prese tutte le azioni politiche necessarie per una risoluzione” dei problemi. La priorità è risolvere la crisi dell’area euro: gli accordi recenti, se applicati in pieno, aiuteranno a rompere il circolo fra debiti sovrani e banche. Ma queste misure devono essere completate da progressi nell’unione bancaria e fiscale.  

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