Meglio che muoia un ratto o una bambina? A chiederlo è una provocatoria campagna pubblicitaria made in Usa: una trovata della Foundation for Biomedical Research (Fbr), organizzazione internazionale nata per mostrare i benefici della vivisezione e della ricerca sugli animali. Con centinaia di cartelloni affissi in città come Los Angeles, Seattle o Chicago, ResearchSaves™, campagna multi-milionaria finanziata dalle più importanti istituzioni accademiche e dai principali gruppi farmaceutici d’Oltreoceano, sta scioccando e dividendo l’America. Ed è già pronta a sbarcare in Italia, con il progetto RicercaSalva.

È tempo di “prendere in considerazione un importante dilemma etico che dobbiamo affrontare come società”, scrive Frankie Trull, presidente e fondatrice di Fbr: “Preferiamo dire basta alla ricerca sugli animali o avere nuove cure mediche e terapie disperatamente attese da tante persone?”. “Senza la ricerca sugli animali, specialmente roditori, non avremo le cure per molte malattie attualmente incurabili, che affliggono ancora oggi i bambini – puntualizza Trull – tra cui leucemia, diabete, paralisi, autismo, distrofia muscolare e malaria”.

Nata a Washington nel 1981, la Fondazione per la Ricerca Biomedica è la più longeva ed importante organizzazione statunitense dedicata “al miglioramento della salute umana e veterinaria”. Il suo obiettivo è quello di “istruire” l’opinione pubblica sulla bontà di questo tipo di ricerca, oltre che promuovere e supportare “responsabili” sperimentazioni animali.

Ma il suo impegno non si limita a questo. Da quindici anni, infatti, Fbr tiene costantemente sotto controllo “le attività degli attivisti animalisti”, e con l’Illegal incidents report fornisce ogni dettaglio sulle loro infrazioni alla legge. Un monitoraggio continuo che rivela i reati commessi dai suoi oppositori antispecisti: dall’ingresso abusivo negli uffici di Morgan Stanley per distribuire opuscoli, alla rottura delle finestre di banche che sostengono la Fondazione stessa, fino alle scritte di slogan sui muri dei laboratori.

Una necessità, secondo la responsabile dell’ufficio stampa di Fbr, Liz Hodge, per cui il feedback ricevuto dalla campagna pubblicitaria ResearchSaves™ è decisamente positivo. “Molte persone qui non sentono l’argomento nel suo insieme”, rivela Hodge ad Abc News: “Noi stiamo offrendo la possibilità di sentire l’altra campana, e questo alla gente piace”.

Che piaccia o meno, i manifesti pro-vivisezione resteranno sui muri delle 5 città statunitensi prescelte ancora per alcuni giorni. Ma presto tappezzeranno anche l’Italia, con un topo che sussurra a una bambina: “Un giorno ti potrei salvare la vita”. Il poster rimanderà al sito RicercaSalva, già attivo ma ancora in costruzione, che oltre a promettere dei concorsi per delle borse di studio, preannuncia (in un italiano stentato): “Stiamo lavorando insieme a voi per fare un impatto positivo su tutto il mondo, in piu di 30 paesi, e nella tua communità”.

Le associazioni anti-vivisezione, intanto, si preparano ad una contro-campagna cartellonistica, anche se vedono come un fatto positivo lo sforzo mediatico di Fbr. “Fino ad ora [i vivisettori] non hanno avuto bisogno di pubblicizzarsi; la maggior parte delle persone sono sempre state dalla loro parte ‘automaticamente’”, fanno presente da NoVivisezione.org: “Ora invece anche loro sono costretti a fare campagne sul tema”. “Come al solito”, però, “l’unica cosa che sanno fare è far leva sull’emotività superficiale delle persone, col solito ricatto morale topo-bambino”.

In effetti “gli ingredienti per una vivace scossa emotiva ci sono tutti”, fa notare l’animalista Alessandra Colla: “Il bambino, ovvero l’affetto più caro, e l’odioso topo (il Rattus rattus portatore della peste nera), incubo di quasi ogni donna e ogni madre”. E ribadisce: “Se pensano di dover uscire allo scoperto è perché si sentono minacciati, e cercano di controbattere alle serie e numerose accuse portate contro le loro pratiche antiquate, proponendo un messaggio debole e vecchio”.

 

 

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