Alla fine il matrimonio di Said e Vanessa è solo rimandato di qualche giorno: presto i due fidanzati potranno tornare al municipio di Modena e sposarsi, questa volta senza la paura di brutte sorprese. È stato il tribunale a dare un lieto fine alla storia dei due sposini  separati a pochi minuti dal fatidico sì. Piemontese di 19 anni lei e marocchino di 24 anni lui, il loro sogno si era spezzato lunedì mattina, in piazza Grande, davanti al Comune. Lo sposo non era in regola con i documenti e per questo ad aspettarlo non c’erano solo gli ospiti e i parenti, ma anche la polizia, che lo aveva portato, con ancora lo smoking addosso, nel Centro d’identificazione ed espulsione. Ma il ragazzo non sarà rimpatriato: a 48 ore dal trasferimento nella struttura il giudice di pace ha ordinato la liberazione.

Si chiude così la vicenda di Said e Vanessa, iniziata qualche mese fa, quando il giovane marocchino va al tribunale di Asti per regolarizzare la sua posizione, in vista delle pubblicazioni matrimoniali. Va tutto liscio, fino a quando la questura piemontese non scopre che Said è rimasto fuori dalla sanatoria. Per questo gli uffici della polizia astigiana si mettono in contatto con quelli di Modena. Said è un clandestino e quindi la questura emiliana ne ordina prima il fermo e poi il trattenimento al Cie, in attesa dell’espulsione.

Gli agenti vanno a prenderlo alle 11 di lunedì, a solo un’ora dalle nozze, mentre sta salendo lo scalone del municipio con le fedi nuziali in tasca. Sospettano un matrimonio combinato. Lo fermano davanti a una piazza Grande affollata, e sotto gli sguardi degli ospiti e della futura moglie, che lo segue disperata. La ragazza, senza levarsi l’abito bianco, arriva a sdraiarsi per terra davanti alla questura, in segno di protesta. Ma non c’è nulla da fare. Il ragazzo viene trasferito alla struttura per immigrati di Modena, con ancora lo smoking indosso.

Un trattamento che fa infuriare la famiglia adottiva di Said, pronta a mobilitare la città e a scendere in piazza con una fiaccolata di solidarietà. La madre adottiva, Cristina, racconta alla Gazzetta di Modena di non aver mai ricevuto la notifica d’espulsione e annuncia ricorso al tribunale. “Che bisogno c’era di trattarlo così? Di fermarlo davanti a tutti, senza nemmeno avvisarci. Né io, né Said siamo stati contattati dalla polizia. Ci conoscono, sanno dove stiamo”, dice la donna. Senza pace anche Vanessa: “La nostra è una vera storia d’amore.  Dietro non c’è nessun secondo fine”.

Il ragazzo però resta dentro il Centro di Modena due giorni, fino all’udienza di convalida al tribunale, che decide per la sua liberazione. Secondo il giudice di pace il matrimonio è autentico, non si tratta di nozze combinate decise per ottenere il permesso di soggiorno. Una decisione che arriva a pochi giorni dalla sentenza di liberazione dei due fratelli bosniaci, nati in Italia ma rinchiusi nel Cie di Modena. E che tocca un aspetto delicato del processo d’integrazione degli stranieri nel nostro Paese. Se è vero che sono decine i casi di unioni fasulle, combinate solo con l’obiettivo della regolarizzazione, esistono anche altrettante coppie miste intrappolate in labirinti burocratici, che ogni giorno rischiano di essere separate con la forza.

Da nove anni in Italia, Said ha alle spalle un passato difficile e un’adolescenza trascorsa sulla strada. Ancora minorenne il tribunale di Bologna decide l’affido in comunità. Per questo arriva al Ceis di padre Stenico, dove conosce Cristina, la donna che presto diventerà la sua madre adottiva. Compiuti i 18 anni, per lui comincia la continua rincorsa ai documenti, fino all’esclusione dalla sanatoria che lo ha trasformato in un clandestino.

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