Forse è ancora troppo presto per le analisi politiche, forse non cambierà nulla o piuttosto lo schiaffo del ballottaggio manderà il centrodestra al tappeto (la sconfitta di ieri è molto più dolorosa perché è stata omogenea, uguale, inflessibile, in tutta Italia), ma di una cosa sono certo: dal punto di vista della comunicazione politica italiana ci sarà un prima e un dopo le Amministrative 2011. Provo a spiegarvi perché:

i più memorabili processi di campagna elettorale non sono nati nei comitati: se alla domanda “cosa ricorderete di queste elezioni?” vi verrà di rispondere con #sucate, o #morattiquotes, o Red Ronnie, o con la parola hashtag, sappiate che tutto questo è nato grazie al contributo spontaneo, diffuso, gratuito e senza regole di migliaia di italiani che, prescindendo dal luogo di residenza, hanno costruito il loro personale mattoncino all’interno della costruzione di un senso comune, contribuendo al ribaltamento del finto immaginario costruito dal centrodestra. I comitati di Pisapia e De Magistris hanno però avuto l’umiltà, il fiuto e la capacità di rendere ‘notizia’ ciò che fino a qualche settimana fa poteva apparire un esercizio da nerd, e cioè lo scrivere su Facebook e Twitter. Il futuro è nelle campagne elettorali generative, in cui la creatività nasce spontaneamente e va semplicemente integrata nei processi classici di gestione della comunicazione;

si va verso il tramonto progressivo del ruolo di consulente di campagna elettorale come sciamano che offre al candidato la sua esperienza, fiuto e doti propiziatorie. Quella stagione è finita in questi ultimi 30 giorni. Ovviamente sono necessarie condizioni particolari perché ciò accada: ci deve essere entusiasmo attorno ai candidati, come è stato per Milano e Napoli – moltissimi italiani hanno fatto il tifo per Pisapia e De Magistris, andando addirittura a sostituire il proprio avatar con un’immagine di sostegno politico. Nessuno lo ha fatto per Moratti e Lettieri e questo, di per sè, spiega già tante cose – ed è necessario che i comitati elettorali intendano la Rete come un alleato strategico, organizzativo, di gestione dei processi creativi, di ascolto e di feedback e non semplicemente un mercato elettorale o uno strumento utilizzato per porre argini a problemi sorti altrove. Quello che fino a ieri è stato lo spin doctor, da oggi si trasformerà progressivamente in un ricercatore, in una figura che dovrà leggere e interpretare più che scrivere e dettare le condizioni;

– i consulenti di campagna elettorale smetteranno di essere sciamani perché non è economico farlo: la Rete è stata capace di produrre una quantità impressionante di dati, di opinioni, di valutazioni quantitative (numero di visualizzazioni di un video su Youtube, per esempio) e qualitative (post di blog, commenti, azioni sociali e generative come il #morattiquotes): basta analizzare questi dati per capire cosa funziona, cosa non andava bene, cosa (e come) migliorare. Ogni messaggio, prodotto o idea può essere messo a disposizione di un esercito di sostenitori e oppositori che in tempo reale ci diranno cosa fare, e lo faranno con entusiasmo. Le prossime campagne elettorali saranno data-driven, vincerà chi si mette in gioco maggiormente, chi fa le cose che dice, chi condivide i processi politici, anche quelli difficoltosi e controversi, con il proprio elettorato e con l’opinione pubblica;

le possibilità di accesso alla politica crescono esponenzialmente: se fino a pochi anni fa fare politica equivaleva alla militanza o alla vita associativa (e alle sue regole), oggi non è più così: un post sul proprio blog, un tweet su #sucate o un aggiornamento di stato su Facebook possono essere considerati un gesto politico. Se questo è vero, cambiano i tempi e i modi dell’accesso alle informazioni e alla produzione delle stesse: se scrivo un post alle 4 del mattino, faccio un gesto politico lontano dai tempi e dai modi classici della partecipazione. Se scrivo su Twitter o leggo un editoriale mentre sono in coda dal dentista utilizzo in modo più utile il mio tempo libero (e i miei tempi morti) e soprattutto agisco in spazi, luoghi e modi assai lontani dalla militanza classica. Questo cambia inevitabilmente la percezione dei processi politici e anche la loro costruzione, perché le nuove possibilità portano tutti, teoricamente, a diventare comunicatori politici o perlomeno cittadini informati e consapevoli.

Berlusconi, ora, non può più ignorare la Rete. Se fino a due settimane fa il ragionamento del premier (legittimo) era: “controllo cinque televisioni e molti mezzi di comunicazione + la dieta mediatica degli italiani è essenzialmente televisiva = mi basta dominare la televisione per dominare l’opinione pubblica”, oggi questo assioma è stato ripetutamente abbattuto dai fatti. Ogni azione di campagna elettorale, specie della Moratti, è stato vivisezionato, analizzato, interpretato e ribaltato sul web, che poi ha fatto così tanta pressione sui mezzi di informazione da permettere a Pisapia di ricevere una visibilità gratuita, pura e colorata positivamente mentre invece la Moratti e Berlusconi franavano pur essendo invasivi. Il premier dovrà dunque fare i conti col web. Ma non basterà comprare tutto ciò che c’è: la Rete non è la televisione e non sarà sufficiente realizzare i migliori siti del mondo o i migliori profili sui social media: serve credibilità, onestà, un rapporto di medio-lungo termine con gli utenti e soprattutto la volontà di costruire una comunità che non sia elettorale. Letizia Moratti è passata improvvisamente dalle auto oscurate agli aggiornamenti su Foursquare: tra i tanti errori dell’ex sindaco di Milano, questo è forse il più purulento agli occhi degli appassionati di comunicazione politica.

Per chiudere, un dato: il primo video caricato online da Berlusconi in questa campagna elettorale per le Amministrative, quello in cui parlava di test nazionale e di necessità di difendere l’Italia dai magistrati di sinistra, fu un autentico flop: 500 visualizzazioni in tre giorni. Bastava guardare quei dati per cambiare strategia e, forse, salvarsi dal cappotto.

E sono certo che nel Governo ci sia qualche iPad che possa adempiere allo scopo.

B.COME BASTA!

di Marco Travaglio 14€ Acquista
Articolo Precedente

Ballottaggi, la stampa estera non ha dubbi
“Per Berlusconi è un’umiliazione”

next
Articolo Successivo

Il dramma di Emilio Fede

next